Be', ma se domani hai deciso di provarci, dai, vengo con te, Guido. Così non punto la sveglia, mi alzo tranquillo e ci facciamo il giro corto insieme. Di Mezze ce n'è una ogni domenica...
No Lofa, tu domani vai a Brugherio: perché si vede che non stai nella pelle e che hai il tempo nelle gambe. Vai, scendi sotto l'ora e quaranta ed è come se io fossi lì a correre con te. Il tempo lo facciamo entrambi.
Guido mi spinge con decisione verso Brugherio, il Coach benedice l'incoraggiamento e onora il riposo del settimo giorno. Prometto a entrambi che terminerò sotto l'ora e quaranta, sorvolando sul fatto che il dopo cena, specie di un giorno non lavorativo, non è il momento delle promesse e che, restringendo il campo al podismo, prima di dire certe cose sarebbe buona norma conoscere il percorso. Diciamo che potevo essere un filo più cauto. Diciamo pure che cauto non dovrebbe trovare posto tra le parole che comporranno il mio epitaffio.
La sveglia alle 6 è un male necessario, così come la mezzora di coda per l'iscrizione. Parto piano, come dovrebbe sempre essere, e conto di assestarmi al terzo chilometro sul ritmo di crociera di 4'40"/Km, da tenere in maniera costante fino al Km 19 e alzare il volume a palla nel rush finale. Bastano però due chilometri per capire che l'elementare race plan non può funzionare: dopo un intrico di viette nei pressi del ritrovo, il percorso attraversa il bellissimo parco Increa. E il parco è molto spesso un binario unico in cui l'unica possibilità è correre accodato a chi mi precede più lentamente. Oppure, non peggio ma neanche molto meglio, un sali e scendi di collinette che vanno poco d'accordo con qualsiasi proposito di tempo se il riferimento è la Mezza più veloce (e pianeggiante) al mondo, la Stramilano. Me ne servono 7 di chilometri per arrivare al 4'40" e nei 2 successivi riesco a mettere da parte pure qualche decina di secondi. Ma altro binario unico, stavolta molto lungo, che mi fa perdere quanto avevo guadagnato e, ancor peggio, il ritmo. Col morale sotto le suole delle mie Brooks infangate il giusto, decido di sperimentare qualcosa di nuovo: provo a mangiare durante il percorso. Provo a vedere cosa succede buttando giù un po' di calorie. Tiro fuori la barretta Melinda 100% frutta gusto Mela comprata alla Coop e mangio a piccoli bocconi: nel bene (nuove energie da consumare) o nel male (problemi a digerire), qualcosa succederà. Attendo fiducioso. E continuo a correre.
Intorno al chilometro 12 sento il rumore di un gruppo di podisti sopraggiungere a buona andatura dietro di me, il momento del primo sorpasso è arrivato. Il gruppo si rivela solo una una coppia di maglie blu, una delle quali, senza nessun motivo, mi taglia la strada e mi si piazza proprio in mezzo ai piedi. Mentre rischio di inciampare gli do silenziosamente del pirla e provo comunque a cogliere l'opportunità di accodarmi, ma capisco presto che i due vanno troppo più di me. Perdo contatto.
Dopo circa un chilometro, il destinatario dei miei complimenti si gira: cerca qualcuno in particolare? Non lo so. Non ancora, almeno. Noto che ha una crestina gellata: sorrido e continuo a correre solitario. Non particolarmente stanco e senza nessun dolore. Con un'idea in testa che va lentamente formandosi.
A circa quattro chilometri dalla fine, nei pressi di un cavalcavia, il percorso fa qualcosa di simile a una "U" e, nell'incrociarlo, mi accorgo che il crestina mi guarda. Con insistenza. Ce l'ha inequivocabilmente con me, ormai è chiaro. Sarà forse che muore dall'invidia per la mia maglia da gara blu con la scritta Podisti Anonimi in rosso? Non lo so. A ogni modo, sciolgo ogni dubbio: scorretto, provocatore e col capello pettinato. Un Etereo Figuro. Sorrido, di nuovo. Più di prima, convintamente. So già come va a finire. E infatti.
E infatti, poco prima del cartello dell'ultimo chilometro, giro un angolo e me lo trovo non troppo distante. La progressione l'ho già iniziata da un po', sto andando bene. Modalità splendide sensazioni. Splendide tendenti all'abbagliante. Nel sorpassarlo, ricambio la cortesia e lo sfioro leggermente con il braccio sinistro. Il braccio sbagliato. Il braccio su cui ho la fascia col telefono, che si riavvia. Addio tracking GPS, addio immagine del percorso. Fortuna o lungimiranza (propendo per la seconda, già che Frank non è nuovo a certe sorprese), nell'uscire di casa non ho dimenticato di mettere al polso il mio vecchio Casio modello Dan Peterson e così, quantomeno, il riscontro cronometrico è salvo. Il tempo di 1h34'38" conferma appieno la sensazione che il percorso non fosse lungo 21 Km, certificata dalla precisione del Garmin di un podista con cui ho fatto quattro parole prima e dopo la gara. 20200 metri, 900 in meno. Una proiezione ragionevole di quel tempo sui 21097 della Mezza mi fa stare sotto l'ora e quaranta. Pure sotto l'ora e trentanove, volendo vedere. Alè.
Quello che ho imparato a Brugherio è che alimentarsi durante la gara paga. E che un Etereo Figuro, se non riesco proprio a farne a meno, lo devo sfiorare col braccio destro.
L'Etereo Figuro è un personaggio che trova spazio in maniera abbastanza ricorrente su questo blog. In passato ne abbiamo parlato qui e pure qui.
Intorno al chilometro 12 sento il rumore di un gruppo di podisti sopraggiungere a buona andatura dietro di me, il momento del primo sorpasso è arrivato. Il gruppo si rivela solo una una coppia di maglie blu, una delle quali, senza nessun motivo, mi taglia la strada e mi si piazza proprio in mezzo ai piedi. Mentre rischio di inciampare gli do silenziosamente del pirla e provo comunque a cogliere l'opportunità di accodarmi, ma capisco presto che i due vanno troppo più di me. Perdo contatto.
Dopo circa un chilometro, il destinatario dei miei complimenti si gira: cerca qualcuno in particolare? Non lo so. Non ancora, almeno. Noto che ha una crestina gellata: sorrido e continuo a correre solitario. Non particolarmente stanco e senza nessun dolore. Con un'idea in testa che va lentamente formandosi.
A circa quattro chilometri dalla fine, nei pressi di un cavalcavia, il percorso fa qualcosa di simile a una "U" e, nell'incrociarlo, mi accorgo che il crestina mi guarda. Con insistenza. Ce l'ha inequivocabilmente con me, ormai è chiaro. Sarà forse che muore dall'invidia per la mia maglia da gara blu con la scritta Podisti Anonimi in rosso? Non lo so. A ogni modo, sciolgo ogni dubbio: scorretto, provocatore e col capello pettinato. Un Etereo Figuro. Sorrido, di nuovo. Più di prima, convintamente. So già come va a finire. E infatti.
E infatti, poco prima del cartello dell'ultimo chilometro, giro un angolo e me lo trovo non troppo distante. La progressione l'ho già iniziata da un po', sto andando bene. Modalità splendide sensazioni. Splendide tendenti all'abbagliante. Nel sorpassarlo, ricambio la cortesia e lo sfioro leggermente con il braccio sinistro. Il braccio sbagliato. Il braccio su cui ho la fascia col telefono, che si riavvia. Addio tracking GPS, addio immagine del percorso. Fortuna o lungimiranza (propendo per la seconda, già che Frank non è nuovo a certe sorprese), nell'uscire di casa non ho dimenticato di mettere al polso il mio vecchio Casio modello Dan Peterson e così, quantomeno, il riscontro cronometrico è salvo. Il tempo di 1h34'38" conferma appieno la sensazione che il percorso non fosse lungo 21 Km, certificata dalla precisione del Garmin di un podista con cui ho fatto quattro parole prima e dopo la gara. 20200 metri, 900 in meno. Una proiezione ragionevole di quel tempo sui 21097 della Mezza mi fa stare sotto l'ora e quaranta. Pure sotto l'ora e trentanove, volendo vedere. Alè.
Quello che ho imparato a Brugherio è che alimentarsi durante la gara paga. E che un Etereo Figuro, se non riesco proprio a farne a meno, lo devo sfiorare col braccio destro.
L'Etereo Figuro è un personaggio che trova spazio in maniera abbastanza ricorrente su questo blog. In passato ne abbiamo parlato qui e pure qui.
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