Pagine

Milano City Marathon 2014 - Non dire che non ci credi

Non dire che non ci credi, perché se non ci credessi non ci proveresti neanche (Guido, scendendo dal Mortirolo, venerdì 06/04/2014).

Sul piano razionale, di spazio per dare torto a Guido ce n'era davvero poco: diciamo che mi sono limitato a lasciare che le cose succedessero, azzerando qualsiasi aspettativa. Pronto al peggio molto più che a un improbabile lieto fine. 
Poi le cose sono successe. E son state pure belle. Oltre ogni razionale aspettativa.


Il maglione viola bucato dalla gatta avrei potuto infilarlo nella sacca da ritirare al traguardo, invece che lanciarlo via, come da tradizione, allo sparo. Alle 9 era già caldo. Ma rimaneva un maglione bucato utile a poco e la tradizione ha un fascino al quale sia io che Stefano non abbiamo voluto sottrarci. Di maglioni bucati ce ne saranno altri. Di Maratone chissà.

Un saluto a Moira (canotta viola F599), l'incoraggiamento a provarci fino in fondo nonostante parta con l'idea di una mezza o poco più. L'abbraccio con Aldo. La partenza.
Aldo e Stefano-amico-di-Aldo partono subito forte, io e Stefano-amico-mio li perdiamo già al primo chilometro. Il nostro obiettivo è di stare sempre intorno ai 5 min/Km e così è fino a oltre la mezza (1h46').

I miei dolori sotto la pianta del piede destro, tallonite o fascite plantare non so dire con esattezza, mi limitano solo in curva e sul pavé. Per il resto sento di correre piuttosto bene. E quando riesco a non pensare al chiodo che m'ha martoriato piede e umore nelle ultime 3 settimane, i dolori è come se non ci fossero. In questo senso, le chiacchiere con Stefano penso siano state determinanti: da solo, specie all'inizio (guarda qui), con il piede ancora freddo, non so come sarebbe andata a finire. Così come cercare ai cambi delle staffette gli amici che sapevo esserci, così come Guido che spunta al Km 14 in bicicletta. E poi il saluto a Luca, sempre in bici, e Roby (1271) che da dietro mi fa uè, ma te sei il Lofa e si aggrega a noi per qualche chilometro dalle parti dell'Ippodromo. Il ciao pessimerrima alla Roberta Elena che non pensavo fosse sul percorso. Il Coach al 26 e il primo vai Andre de Lapaola. Monica scatta le prime foto. Va tutto molto bene.

Intorno al 28 raggiungiamo Aldo, lasciato in solitudine dal suo amico. E' in difficoltà, non riusciamo a tirarcelo dietro. Nonostante il nostro ritmo inizi a calare, le posizioni in classifica migliorano. L'esperienza di Stefano, alla sua quarta Maratona, sta pagando. La compagnia dei due motivatori anonimi non di meno.

Al 33 le mie gambe, come giusto che fosse per quanto poco ho potuto prepararmi, iniziano a dare segnali di cedimento. Rallento. Stefano se ne va, rimango col Coach e con Guido.
Al 35, dopo aver salutato mio padre, Enzo e Carlotta, l'imprevisto che non potevo aspettarmi: difficile capire se per l'Enervit G da poco uscito dal frigo dei miei (del quale comunque ho bevuto un paio di sorsi) oppure da un eccesso glicemico dato da due pastiglioni di Enervit GT buttati giù uno dopo l'altro (più probabile). Nei fatti, mi viene un fortissimo dolore al fegato e mi si contrae la muscolatura addominale. Fatico a respirare, ma faccio il possibile per mantenere il ritmo.

Arrivato in Corso Sempione, sento di dover fare qualcosa. Cammino qualche passo, piegando in avanti il busto. Respiro fino in fondo e riprendo subito a correre. Lo faccio almeno un altro paio di volte. Guido e il Coach continuano a incitarmi, sento le loro voci ma non voglio staccare gli occhi dalla strada. La sofferenza ha preso ad avere un ritmo che riesco a gestire e non voglio cambiare nulla. Non voglio distrarmi. E quando il cronometro dice che sto addirittura andando meglio che a Firenze, capisco che ormai è fatta. Mi figuro d'essere sul ponte viola che è rimasto viola solo nei nostri ricordi brizzolati. A 2 dalla fine m'immagino davanti alla caserma dell'Aviazione a stupirmi per la dimensione delle nutrie, all'ultimo chilometro il grido campanella di Guido mi fa quasi commuovere. I 50 metri che dividono un cartello dall'altro negli ultimi 500 metri sembrano essere centimetri. Sento Lapaola urlare e vedo l'obiettivo di Monica. Taglio il traguardo col sorriso.

All'arrivo abbraccio il Coach e mi siedo subito per terra. Godo in pochi attimi del piacere che ho desiderato per 3 ore 42 minuti 55 secondi. Vivo ciò che ho sognato a occhi aperti dal giorno in cui ho iniziato a preparare questa corsa. Sogno che nelle ultime settimane immaginavo dovesse rimanere tale per ancora molti mesi. Sento Roby (non il Roby di prima) urlarmi vai Lofa. Un addetto si offre di aiutarmi ad alzarmi, riesco a farlo da solo. Vado da Roby, gli stringo la mano. Non mi accorgo che Barbara è lì con lui. Vorrei incontrare Stefano, dopo le sofferenze vorrei condividere con lui il momento con la maiuscola, ma niente, non lo trovo.
Voglio la medaglia riservata a chi ce l'ha fatta: nelle condizioni in cui sono partito, di meglio non avrei potuto sperare.
Sono contento. Cazzo come sono contento.

(continua)

Nessun commento:

Posta un commento