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30a Maratona di Firenze - Col muso contro il Muro

Partenza
(parto da qui perché tutto quello che è successo prima non è granché interessante. Le foto, a parte l'ultima, sono decontestualizzate dalla narrazione.)

I primi cedimenti arrivano con sorprendente puntualità all'altezza del Muro, nei pressi del Km 30: tolgo il pilota automatico, inizio a correre con la testa. Guido ogni passo, sento ogni appoggio. Per circa 6 Km ho energie mentali a sufficienza per spronarmi, per dirmi che è ancora possibile.


Al cartello col 36, guardo il cronometro e capisco che 20 secondi di vantaggio rispetto alla tabella di marcia non possono essere sufficienti. La voce di Davide Autelitano inizia a sussurrarmi che va tutto bene va tutto bene, segno che devo cominciare ad abituarmi alla fine (la canzone è qui ma ascoltala dopo ché altrimenti perdi il filo).
Alzo gli occhi, mi obbligo a farlo per distogliermi dalla mia sofferenza, ma vedo gente che cammina in modo del tutto innaturale. Podisti sdraiati per terra a implorare l'aiuto di chi sta dall'altra parte della transenna. Uomini che piangono. Capisco di essere entrato in un territorio che immaginavo sì duro, ma non fino a questo punto. Il pubblico legge il mio nome sul pettorale e mi esorta a non mollare, faccio il possibile per non fermarmi.

Km 19
Mi rassegno, cammino per qualche decina di metri. M'illudo che possa essermi utile per riprendere le forze. Barcollo. Riprendo a correre, mosso esclusivamente dall'orgoglio. Capisco presto, però, che quello è solo un modo per prendermi in giro, perché quello non è correre. Quello non è più correre. Correre è altro. Sono ormai oltre i 7 minuti per chilometro. Neanche quando correvo con le scarpe del Decathlon andavo così piano. Negli ultimi 2 Km vengo superato da 800 esseri umani di ogni sesso forma colore e nazionalità. Mi sento umiliato. Mi sento additato come l'Etereo Figuro di turno e mi sento di meritarlo (dell'Etereo figuro si parla anche qui e qui).

Arrivo
Al cartello col 42, il senso della decenza mi spinge a fingere di correre gli ultimi 200 metri. Vedo i podisti davanti a me tagliare il traguardo con le braccia al cielo, gli occhi mi si riempiono di lacrime. Mi commuovo per loro, non per me: perché io, le braccia al cielo, non le alzo. So di non avere nulla da festeggiare. Taglio il traguardo e d'istinto cerco un posto non troppo in vista dove riprendere contatto con la realtà: mi sento un animale spaventato che ha bisogno di un luogo protetto. Una tana in cui tremare senza la paura di poter essere attaccato. Noto un gazebo dell'organizzazione e un piccolo corridoio delimitato da una transenna. Mi c'infilo, mi siedo, mi stringo la testa tra le gambe. Tranquillo, Lofa, è finita. E' tutto finito. Alzo gli occhi, non so dire dopo quanto, e mi trovo di fianco un uomo appoggiato alla stessa transenna. Ci guardiamo senza il bisogno di dire nulla. E' tutto chiaro. Tutto molto chiaro. Mi alzo, abbozziamo due parole con poco senso.
A prescindere da come possa essere andata, ora è finita.

Sono partito con un obiettivo: chiuderla in 3 ore 30 minuti. Pensavo fosse nelle mie corde. Il real time, al traguardo, ha detto 3 ore e 45. 15 minuti in più di quello che speravo.
L'appuntamento col Muro, se continuerò a essere testardo come so di essere e nonostante le parole del Coach, che sono certo non me ne vorrà perché sa come sono fatto e da persona intelligente non ha la pretesa di cambiarmi, è per la Maratona di Milano, il 6 Aprile 2014. Quel giorno partirò con una consapevolezza diversa. Con gambe più abituate al Far West degli ultimi 12 Km. Con un'alimentazione più adatta allo sforzo che mi sarà richiesto. E, se effettivamente sarà così, forse, ce la farò: di errori ne ho fatti tanti, in questi mesi, ma penso di meritarmelo. E la soddisfazione di vedermi davvero felice la meritano pure i famigliari e gli amici che mi sono stati molto vicini in questi mesi. E di cui non elenco i nomi perché non sono Maria De Filippi e questo blog non è C'è posta per te. Loro già sanno.

(continua)



Foto e video: Monica Cappato

Gli ultimi 42,195. I primi 42,195.

4 paia di scarpe.
134457 calorie bruciate.
150 ore tra allenamenti e gare.
1730 chilometri percorsi: ora ne mancano solo 42,195. 
Gli ultimi 42,195 di un percorso iniziato un anno fa, i primi 42,195 da correre d'un sol fiato.

Domattina, io e Monica saliamo su un treno con destinazione Firenze, torneremo domenica sera. Nel mentre ci saranno dei tweet su https://twitter.com/PodistiAnonimi, foto, video e la mia prima maratona. Obiettivo: correrla entro le 3 ore e 30 minuti. Arrivare al traguardo e, come Fidippide, annunciare la lieta novella. Possibilmente senza fare la sua fine.

Come un lupo nella notte, Lofa!


Lo scherzo

Avevo appena finito di dire al Mauri che oggi corro per la testa, per vedere se riesco davvero a fare quello che sento di avere nelle gambe
Cioè?, mi fa il Mauri, cioè oggi voglio fare il tempo sulla Mezza, rispondo io. Con qualche piccolo accorgimento: faccio partire il GPS dopo circa un paio di chilometri (di riscaldamento) e cerco di stare quanto più possibile in piano. Il tempo dovrebbe venir fuori.
La Gabriella, fin qui compagna fedele di centinaia e centinaia di chilometri, deve aver sentito la nostra conversazione e, per ricambiare la stima che ho sempre dimostrato nei suoi confronti, specie su questo blog, ha provato a metterci qualcosa di suo. Ha barato, insomma, a fin di bene ma ha barato. L'ha fatto però in un modo talmente palese da non essere credibile. Mi ha colorato la pelle di nero come un Kalenji, che non è proprio la cosa di cui ho bisogno. Stai attenta, Gabri, che a Firenze non ti ci porto se fai così.
In soldoni: Runkeeper oggi mi ha tradito. Ha sovrastimato in maniera totalmente inverosimile i primi 9 chilometri della mia corsa, togliendomi la soddisfazione di poter raccontare agli amici che oggi, finalmente, sono andato sotto l'ora e 35 minuti. Perché, a giudicare dagli ultimi 12, in cui il riscontro era corretto, e aggiungendo che oggi ho corso in modalità splendide sensazioni tendenti all'abbagliante, oggi avrei fatto un tempone. Mi devo accontentare delle sensazioni, che comunque non è poca roba. Il resto arriverà in un'altra occasione. Magari sabato prossimo, se ne avrò voglia.


33a Carate tra il verde e l'antico (e il quesito della Susy)

Dall'attimo in cui sono riuscito a intravvedere il tendone dove fare l'iscrizione, da quel momento mi sono sentito crescere dentro un no enorme, di quelli con tante o, un no con tante o che dici e pensi, le o, intendo, ma non le scrivi, tutte quelle o, perché la lingua ha le sue regole e il correttore ortografico è un baluardo che merita consenso. E poi me lo immagino, all'ultima o di quel no enorme sarà seguito un madonna e qualcos'altro. Magari l'ho pure qualificata con un aggettivo forte, la madonna. Forse, addirittura, ne ho usato più d'uno. Ma questo non lo ricordo con precisione. Ricordo bene, questo eccome se lo ricordo, che in quel momento mi son tornate in mente le parole di Aldo Atomik Flea, ché lui me l'aveva detto che ci sarebbero state moltissime persone a Carate e che era il caso di andare al Maxisport a fare l'iscrizione il giorno prima. Ma io al Maxisport più vicino, quello di Lissone, vicino solo, si fa per dire, 27 Km da casa, io fino a lì non c'avevo mica voglia di andare, il sabato prima. E quindi ho scelto di svegliarmi molto presto, il giorno della corsa, e incrociare le dita.
Alla fine ha funzionato, ché la gente davanti al tendone per l'iscrizione era sì tanta, ma lì a chiacchierare o in altro affaccendata. Però la visione di quell'orda di podisti dall'alto della collinetta e la paura di dover passare troppo tempo in coda con la carogna dell'Aldo sulla spalla a ricordarmi che te l'avevo detto io, quel paciugo di brutte sensazioni m'ha rovinato un momento bello. Perché poco prima di arrivare al tendone mi son sentito preso per un braccio, mi son girato e un tizio mi ha detto ciao. Anch'io gli ho detto ciao, che pure nel dubbio un ciao non sono solito rifiutarlo. Ma il mio ciao era di quelli che capisci subito che qualcosa non ti torna. Lui, evidentemente sveglio il giusto per capire, mi dice che mi conosce e, sulla scorta del mio sguardo tra il basito e l'interrogativo, continua. Mi dice che lui mi conosce, però, in effetti, noi non ci conosciamo.
Lui mi conosce però (in effetti) noi non ci conosciamo. Questa è roba da quesito della Susy.
Sì, non ci conosciamo, continua, ma ti vedo sempre correre al Forlanini. Vero? Cazzo, vero, penso io. E cosa ci fai, qui? (a oltre 30 chilometri dal Forlanini), rispondo. Io ci abito, qui, dice il podista brianzolo. E tu, anche tu abiti da queste parti? No, io abito dalle parti del Forlanini. Balbetto qualcosa che suona tipo ma scusa, tu abiti qui (a 30 Km di distanza) e alle 6 del mattino, che è ancora buio e non ci sono in giro manco le nutrie, alle 6 vai a correre al Forlanini? Lui mi toglie dall'imbarazzo dicendo che lavora lì vicino e che corre prima di iniziare il turno. Mito assoluto, penso.
Continuo ad avere negli occhi l'immagine della marea di gente che immagino davanti a me nella coda e lo rimando a più tardi, lungo il percorso. Oppure, alla peggio, al Forlanini. Lo liquido, insomma. E me dispiaccio terribilmente. La paura fa fare grandi errori, errori che spero di poter arrangiare già alla prossima uscita. Con una spilletta o con qualche chilometro insieme.

La corsa: bella, con qualche tratto del percorso à la Jackass e condito con discese sui sassi bagnati dei boschi della Brianza e salite su gradini alti fino a metà tibia che non puoi far altro che camminare. Arrancare. Bella, da fare attenzione alle caviglie, ma bella. Nel vero spirito della Tapasciata. Arricchita da musicisti che suonavano lungo il percorso e dagli innumerevoli Over 70 per i quali la mia stima sarà sempre massima anche se, spesso, nei passaggi più complessi, tipo ponticelli senza balaustre o binari con fango da una parte e pure dall'altra, son lì in mezzo ai piedi che ti devi fermare per non travolgerli. Io li amo quei vecchi lì. Vorrei essere come loro, alla loro età, vorrei avere ancora la loro stessa passione per la corsa e la forza nelle gambe per alimentarla. Non scherzo.

E poi, vero motivo che mi ha spinto fin lassù quando potevo tapasciare comodamente a Peschiera de dre al castel, Aldo e Daniele. Aldo è amico di vita, Daniele un suo compagno di scuderia con il quale abbiamo corso insieme (insieme si fa per dire, già che quando decide di correre non lo vedi più) l'edizione 2013 della Stradesio. Grazie perlopiù ad Aldo, non abbiamo smesso un solo attimo di parlare, neanche quando la salita tirava forte: ci siamo rodati col tema corsa e, passando per l'elenco dei nomi di paesi al participio passato (Carate non per ultimo) di cui è piena la Lombardia, siamo arrivati fino a vette inimmaginabili (per una gara podistica) quali le stock option e articoli assortiti della Costituzione. Di figa non s'è parlato. Ed è davvero strano quando c'è di mezzo l'Aldo.

La Kirghisia, infine. Per qualcuno, specie il nostro amico (comune a me e Aldo) Omar, la Kirghisia è stata un sogno a occhi aperti. Il sogno nobile di un mondo migliore, dove... in ogni settore, pubblico e privato, non si lavora più di tre ore al giorno, a pieno stipendio, con la riserva di un'eventuale ora di straordinario. Le rimanenti 20 o 21 ore della giornata vengono dedicate al sonno, al cibo, alla creatività, all'amore, alla vita, a se stessi, ai propri figli e ai propri simili..." (prima lettera dalla Kirghisia).
Io non so se un giorno smetterò di essere un podista anonimo, libero, non tesserato. Nel caso, tra le primissime opzioni, non importa se le Tartarughe della Kirghisia sono di base a decine di chilometri da casa mia, io, dovendo scegliere un gruppo sportivo, probabilmente sceglierò quello. Sicuramente, vestirei con orgoglio quella maglia. Condividendo, magari anche con Omar, una volta un atleta e domani chissà, un sogno che non si realizzerà mai. Un sogno che, in ragione di questo, sarà per sempre.

E' la mia volta!

13/10/2013 La prima non si scorda mai!


Dopo un anno di preparazione tra alti e bassi, finalmente arriva il 13 ottobre! Ad 1 anno esatto dall'incontro con Ale e il 100% Run. Io ero il tipico esempio di corsetta 'una tantum', non più di 5-6 km velocità (?) bradipo, giusto per mettere a posto la coscienza dopo mangiate epocali! Si perché, piccola piccola, ma nel mio stomaco ci entra di tutto. Nel marzo 2012, decido di dare una svolta alla mia vita sportiva e affronto il running, dopo anni di sola acqua (istruttore nuoto). Affascinata dal concetto minimalista, riesco a farmi regalare un paio di Vibram 5 finger - Bikila. La sensazione è bellissima nell'indossarle (niente più dolori alle mie ginocchia valghe, scompaiono anche quelli ai flessori della coscia sull'anca!), ma nonostante le 'istruzioni d'uso' faccio un passaggio veloce (20gg, davvero poco), forte del fatto che correndo brevi tratti, sarà mica un problema! Sprovveduta e falsamente ingenua!!! Ho iniziato a transitare da momenti superdinamici, a settimane bloccata per traumi al dorso del piede, metatarsiti, distorsioni... fino al completo indebolimento e parziale cedimento della volta plantare. A settembre 2012, in uno dei numerosi fermi, vengo indirizzata al 100% Run, Asd della storica 100 Torri Pavia (che solo per titoli, fa figo anche solo nominarla). Durante l'estate precedente, esaltata comunque dalle mie 5F, avevo raggiunto una distanza di 16-18 km, ma ad una velocità inquietante. In realtà era un trascinarsi dal 13mo, considerando poi che il mio passo medio era 6.10-6.15!!!Medio!! Rabbrividiamo. Ma soprattutto avevo la netta sensazione di non riuscire ad incrementare la distanza. Ci voleva una guida! Vado ad incontrare Alessandro Preda, l'allenatore... dove? Ovviamente al campo di atletica (Coni) di Pavia. Già solo l'idea mi spaventava: un allenatore, su una pista... potevo ancora rinunciare. Poi mi sono detta 'vado solo a vedere'. 
Insieme a Mirella (anche lei piena di buone intenzioni, come il lunedì dell'inizio dieta...), Ale ci accoglie, tra i ragazzi che stavano finendo di allenarsi. Guardavo loro e ovviamente cercavo di confrontare lo stato di forma, tempi (la mia era 'velocità statica'), umori. Un po' tanto in down osservavo, mentre riportavano le loro sensazioni... man mano si accorgevano di noi, salutavano e la domanda era 'nuove?'. Poi nel notare la nostra aria preoccupata, iniziavano ad arrivare 'ci siamo passati tutti, tranquille!', 'dai è solo questione d'iniziare!' Il tutto non mi sembrava più così lontano, anzi l'atmosfera invogliava a provarci. Ale per tutto l'inverno oltre a fornirmi allenamenti mirati, era sempre lì a supportare e ridimensionare le innumerevoli delusioni su tempi, allenamenti inconcludenti, le tanto odiate ripetute successivamente amate... la mia prima mezza doveva essere la Stramilano 2013. Avevo la media dei 30km la settimana, con lunghezza max 18km. Uscita con qualsiasi condizione atmosferica per tutto l'inverno, potevo farcela! A due settimane dalla gara, sindrome del piriforme! non riuscivo ad appoggiare il piede. Un dolore mai provato a livello sacrale, irradiato a tutto il gluteo... fino all'ultimo ho tentato disperatamente, ma niente, invano... sono implosa... un inverno intero a prepararmi, per poi dover abbandonare... lo sconforto aveva preso il sopravvento. Dopo un mese di fermo, comincio ad uscire di nuovo, e l'Ale sempre lì a sostenermi, tra interpretazioni e snocciolamenti sull'incapacità del gestire le sconfitte... riparto e con Ale fissiamo nuovamente una gara, 13 ottobre Carpi- Maratona D'Italia - la mezza! di nuovo si ricomincia. Durante l'estate un lento mantenimento, troooooppo caldo! Anche alle 5 del mattino! A Settembre 2013 mi si stravolge la logistica quotidiana. Ad aprile avevo partecipato alla selezione per entrare a Podologia in Svizzera e magia di tutte le magie, passo la selezione! Il 2 settembre inizio le lezioni. Per le prime due settimane riesco ad allenarmi regolarmente, dalla terza in poi, disastro... inizio la vita da frontaliera fino a data da destinarsi... tempo non ne ho. Tranne la domenica, dove posso farmi il lungo, il resto della settimana è impossibile. Ma la mia mente malata partorisce la soluzione. Scendo a Sesto San Giovanni e corro a piedi verso casa a Milano (più o meno metà via Padova). Così ho almeno due allenamenti infra settimanali... Ci sono riuscita per due settimane prima della gara! E qui inizia domenica 13 ottobre 2013! Partenza da Pavia ore 6, bisogna essere a Carpi per le 8. Tutto sotto controllo: ritiro pettorale, zompo sulla navetta e griglia di partenza da Maranello alle 9.30. Certooooooo... vero! manco un decimo! Arriviamo per le 8.10 azz, davanti al punto navetta c'è già un folto gruppo di atleti incazzati... nessuna navetta. Vado da un gruppetto di organizzatori che mi dice 'non puoi più ritirare il pettorale'. La calma viene sostituita dallo sconforto e disperazione in tempo zero. Guardo Carlo, amico accompagnatore, super-marito della Dani, nonché sostenitore delle mie improbabili imprese... Tra le lacrime 'non posso correre! ' Mi informano che i pettorali erano da ritirare a Maranello il giorno prima. Mostro le istruzioni scaricate dove indicavano anche Carpi il giorno della gara. Così presi da un senso di colpa, mandano Cris (o Elena) a prendere i pettorali, che comunque sono a Carpi (???????). Intanto gli atleti iniziano ad insultare i responsabili presenti; la navetta non si vede... e nemmeno il mio pettorale, ma le 8.30 si! Ci vogliono almeno 40' per Maranello. La gente è al limite. Arriva un piccolo pullman ma la metà resta giù; assicurano che dietro ce n'è un altro. Ma nel frattempo arriva il mio pettorale! Nessun pacco gara, chi se ne frega! Applico il pettorale togliendo felpa e tutto l'inutile. Cambio le v5f bikila, indosso quelle più sensibili, le Sheeya. Cazzarola (beeeeeep) ci sono 8°... neanche alle 5 del mattino a Milano ci sono 8°!!!!! Intanto le mie v5f iniziano ad incuriosire i presenti, distraendoli. Inizio con l'indottrinamento barefooting (per me un credo!) e nel frattempo arriva il pullman. Tutti su e si parte 8.45... la gente comincia ad incitare il Cocchiere, il quale avendo destinazione Maranello, è già come fosse in fase di test Ferrari. Il timore assai fondato è per tutti, che non si farà in tempo a lasciar giù le borse ed essere sulla griglia in 5'... 'cocchiere vaaaaaii'. Gli insulti all'organizzazione sono oramai al limite, ma riusciamo ad essere a Maranello alle 9.25. Se non fosse che... la polizia locale aveva già chiuso il tracciato, noooooooo!!!!!! Gli skaters erano già partiti. Impossibile! Io alla mia prima Mezza, ero già stanca e in down ancora prima di essere in gara. Ma quanto mancherà alla griglia? ? Cocchiere 'Naaaaaaa, 200mt girando a sinistra'; quindi tutti di corsa con zaini, borse ed accessori... ma sarebbe stato troppo bello... la griglia era a 800mt!!! Tra il ridere, lo sconforto e l'incazzo, corriamo come disperati. Arriviamo sulla griglia alle 9.34, ma sono tutti lì ad aspettarci! Lancio delle borse sui camion e via. Sono sulla griglia cazzo!!!! È la mia ora!!! E cominciano a farmi foto alle scarpe...!! Sono troppo felice, a tratti il pensiero fulmineo è '21... sicura??' ma lo rimuovo in tempo 0!!! Start! Partiti! Il tempo di sfoltire la griglia e iniziamo a correre. Abituata a correre sola, tutte quelle persone era come se m'intralciassero e ahimè comincio a scattare in avanti... sigh... il mio pensiero era 'dai però, questi sono dei fermoni! Pensavo di essere messa peggio...' illusa, principiante e sboronaaaaa!!!!!! I primi 5 km vanno via lisci, continuo a lasciarmi dietro gente, ma poco conta. Transito dal ristoro afferrando al volo una bottiglia e proseguo non curante. Mi accodo ad un gruppone a fatica... fatico ad andare così piano, ma continuo a ripetermi 'devi andare piano' sapendo che non sarei riuscita a mantenere un passo elevato per tutta la gara, resisto per un po', tanto da arrivare al 10mo. Oramai ho perso il conto di tutte le persone che mi domandano 'ma come ti trovi con quelle scarpe? ma le articolazioni? le ginocchia?' con sorrisi e tutta la convinzione possibile, cerco di convincere in pochi secondi i curiosi. Un signore, un atleta, mi ha colpito. Il classico over 60, podista da una vita, altissimo, arriva da dietro silenzioso, mi affianca, e sostenendomi da un braccio, mi dice ' ti ho visto arrivando da dietro, l'appoggio è molto buono, lascia parlare tutti e continua! sei coraggiosa! brava!'... e scivola via con una falcata da stambecco...!!! Passo dal ristoro e anche qui prendo una bottiglia al volo senza fermarmi. Qui inizia il susseguirsi di errori (come se non ne avessi fatti prima): mi stacco dal gruppo per un paio di km, forse 3 e inizio a sentire che devo, devo, rallentare. Sento l'esigenza di qualcuno che mi faccia da rabbit. Il gruppone è ancora dietro, decido di rallentare ulteriormente e aspettarlo. La sensazione dell'imballarsi è brutta, ma io iniziavo a sentire l'affaticamento, quindi mi lascio andare. 15km ristoro, il gruppo sta arrivando e si dispongono per il beveraggio. Mi devo fermare, devo per poter bere di più (non riesco a bere decentemente correndo!). Mi fermo, prendo una bottiglia e inizio a bere, poco alla volta e intanto arriva il gruppo... non si fermano, afferrano le bottiglie e passano... fanno i 42!!... mi aggrego! Credo di aver assistito/vissuto una tipica esperienza mistica, con l'apparizione di tutti i Santi, anche quelli non riconosciuti dalla Santa Sede, seguiti dalle diverse apparizioni di tutte le varia Madonne, comprese quelle piangenti, rincorse dai soliti nanetti da giardino, con espressione indicante 'tanto fa finta'... a quel punto ho pensato 'se vedo la luce bianca in fondo, resisto fino a che non mi vedo dall'alto!'. Dopo i tre km più lunghi della mia vita (era il 18mo), ho dovuto lasciar andare il gruppo e rallentare brutalmente. Un dolore assurdo mi aveva preso i glutei, volevo semplicemente morire, ma continuavo a correre piano, non mollavo! Mi si affianca un tizio, che non dice niente... corriamo in sofferenza, ma ha il mio passo! Siamo a Modena, deve esserci il punto spugnaggi... io non avevo la spugna e nemmeno il mio socio, quindi nel passare, senza fermarci, ci buttiamo acqua su viso e le uniche parole furono 'acqua...'. Al 20mo ci deve essere il ristoro, deve... ad un certo punto, nel pieno della sofferenza, il percorso si addentra nel centro della città, benedetti ciotoli... ora il mio passo oltre che lento sembrava quello di Willie il Coyote, quando in cima al dirupo, rimane in bilico sull'alluce, per non precipitare... con la differenza che io compivo questa danza per passare da un ciotolo all'altro!!!! Ci obbligano al passaggio in un ingresso molto ampio... una musica di una banda... nooooooo!!!! Siamo magicamente all'interno dell'accademia di Modena, passiamo in mezzo al cortile e... PICCHETTO D'ONORE CON I CADETTI da entrambi i lati che applaudono al nostro passaggio... pelle d'oca!!!! Impagabile, tutta la fatica valeva solo questo! Ancora inebriata dall'emozione, siamo fuori... la fatica si riaffaccia più prepotente di prima, ma questa volta vedo il ristoro! Acqua!!!! Io e il mio socio ci buttiamo sulle bottiglie. Bevo e intanto penso 'manca 1km... dai cazzo!' però questa volta le mie gambe non ne vogliono sapere di ripartire... per un attimo accarezzo l'idea del 'ritiro'... poi mi sento una mano sul gomito che mi sollecita 'dai forza, dobbiamo andare'... il mio socio... aveva già ripreso, e con uno sforzo assurdo ricomincio a correre... non c'era più un appoggio che non mi facesse male a livello dei glutei... e considerando pure il mio 2do giorno di ciclo, non ne avevo davvero più... entriamo in un vialone e alla fine vediamo il gonfiabile dell'arrivo 21.100 ... dai che ci siamo... il mio socio si ferma e dice 'basta...' e da dove mi sia uscita non lo so 'dai non ti fermare! andiamo piano ma non ti fermare!'... ha imprecato e ha ripreso... ogni falcata, un dolore ma a quel gonfiabile ci siamo arrivati!!!! Passato il traguardo un veloce sguardo con il mio socio, di un enorme grazie! E poi un susseguirsi di emozioni, euforia, commozione... la prima telefonata a Carlo 'arrivata! Zompo sulla prima navetta!' La seconda all'Ale...'ce l'ho fatta! 2.03.15... non avrei mai creduto... visto i pochi km degli ultimi 2 mesi!' e son partita con la lista degli errori e lui 'brava! Sei arrivata! Nella prima bisogna solo arrivare! oggi goditela!'... 2.03.15 c'è da lavorare... ma la medaglia l'ho tenuta tutto il giorno e ad ogni quesito in merito rispondevo 'medaglia medaglia medaglia!!! alla Muttley, per i nostalgici!

Il teorema delle ripetute

Quando vai veloce, vai più veloce di quanto vai lento quando vai lento.

Sudore, fatica e solitudine, ora che la schiena di Guido ha detto basta. Ossigeno sufficiente solo a far muovere le gambe, poca lucidità. Pensieri strampalati, teoremi retti da fondamenta ancora troppo instabili per avere l'autorevolezza del teorico. Ma cose che succedono e forse non per caso, pensieri che mi va di condividere.

Quando vai veloce, vai più veloce di quanto vai lento quando vai lento sta per: quando fai le ripetute, le frazioni veloci le corri più veloci di quanto non siano lente le frazioni lente. E questo perché, con l'allenamento, la capacità di correre veloce aumenta progressivamente, così come l'abitudine a non andare lento più di tanto. Niente di nuovo, lo so, ma non è tutto: c'è di mezzo una componente mentale non indifferente, elemento cardine del discorso.
Quando corri veloce sai che devi dare il meglio di te per un lasso di tempo/spazio circoscritto, finito il quale c'è il recupero. L'orizzonte è sempre piuttosto vicino. Quando recuperi, sfrutti l'abbrivio dato dalla frazione veloce e non fatichi oltremodo a tenere un passo abbastanza sostenuto ma comunque sostenibile.
In questa alternanza di veloce e lento sprechi molte meno energie mentali rispetto a quando decidi di tenere un ritmo tendenzialmente alto in maniera costante. Il tempo medio finale, secondo la mia esperienza - che è l'esperienza di un amatore da 50 Km la settimana iniziato alla passione da meno di un anno - ne beneficia. Fino a che si tratta di percorrenze di medio raggio (mezza maratona), il teorema, per quella che è la mia condizione attuale, ha un senso.

Qui in basso c'è il recap di una sessione di allenamento che, al momento di allacciare le scarpe, prevedeva 6 ripetute da 1 Km e del contorno senza pretese. Ma su suggerimento di Gabriella, si è trasformata, con un allungo finale e senza ricorrere alla mela magica, nel mio tempo migliore sulla distanza.

E' solo un caso?
Oggi penso di no. Domani chissà.

La Mezza di Bucci


Roberto, la chiacchiera pre gara con i due alfieri del Club del Mesdì di cui non ricordo mai il nome, rivedere Laura dopo almeno 10 anni e scoprirla podista (con tanto di gonnella), gli insetti che ho mangiato sputato respirato tossito, gli insetti che hanno mangiato me, la partenza tutti e 950 insieme, AndòCorri che immortala l'ennesima mossa, la banana a un ristoro intermedio e le banane al ristoro finale, i bimbi che ti danno il cinque e i genitori che applaudono, la banda, il desiderio ignorante di un tempo che non è nemmeno il momento di immaginare possibile.

(notare che in questo post, che più che un post pare un elenco di hashtag senza hash ne tag e comunque figlio di una settimana in cui di più al blog non ho potuto proprio dedicare, in questo post, dicevo, non sono andato a capo nemmeno una volta.) 

Marcia del Capercio - Il primo degli ultimi


Primo degli ultimi.
Meglio che secondo
terzo
oppure quarto.
E giù fino al sedicesimo,
l'ultimo degli ultimi.
L'ultimo dei liberi,
i non affiliati ad alcun gruppo sportivo.
Primo degli ultimi,
podisti che non dovrebbero figurare
nella classifica di una gara agonistica,
gocce di sudore invisibile
scese da fronti invisibili
di atleti invisibili
ed evaporate senza lasciar traccia
sul lastricato di Arcidosso.

Ma anche sesto nella mia categoria d'età
su 24 tra invisibili e non.
Cinquantunesimo assoluto su 168 classificati.
Per sbaglio oppure no.

(Lo so che ti stai chiedendo
ma perché vai sempre a capo, Lofa?
e io ovvio che te lo dico perché.
Vado sempre a capo
perché ho appena letto questo libro
di GUIDO CATALANO
e mi son fatto prendere
da un qualcosa che non so cosa
ma che potrebbe sembrare qualcosa che
ha a che fare con l'emulazione.
Forse.
Io preferisco pensare
che è più una giocosa sperimentazione
che emulazione,
al limite una disinteressata marchetta.
Ma non ha nessuna importanza
quello che penso io
o quello che pensi tu.
Questo post è scritto così.

Guido Catalano,
come Montale d'altronde,
è uno che va un sacco a capo.
Anzi,
di se dice
che va a capo a cazzo.
E,
in effetti,
cazzo se va a capo.
A me piace l'idea,
una volta tanto,
di andare a capo a cazzo.
Cazzo se mi piace.
E mi piace anche l'idea
che magari clicchi sul link più in alto,
quello col nome e il cognome in MAIUSCOLO
e impari a conoscerlo,
se già non t'è capitato,
Guido Catalano.
Guarda,
se leggi questa,
è amore a prima vista.
A me è successo così.)

La Marcia del Capercio.
Bella.
Mi son divertito.
Da zero a dieci
mi sono divertito sette.
Sette.
Come i primi sette chilometri,
in cui,
lo so,
ho corso bene.
E' bello quando senti
che stai correndo bene.
Te ne accorgi,
quando corri bene.
Noi Podisti Anonimi
la chiamiamo modalità splendide sensazioni.
Poi la stecca,
la solita stecca del sesto chilometro,
una contrattura che si fa crampo
a uno di quei muscoli della coscia
il cui nome finisce per cipite
ma non ricordo mai
se bi,
tri
o quadri.
Stecca che in questo caso è arrivata al settimo.
Che è stata bella forte,
già che il ritmo era molto alto.
Mi sono spaventato.
Ho pensato di non poter arrivare in fondo.
Ho rallentato,
convinto di recuperare quei dieci metri
che mi separavano per la prima volta
dal gruppo con cui ho corso
quasi tutta la gara.
Ma da dieci,
i metri,
il chilometro dopo,
son diventati venti.

Un chilometro dopo ancora
son diventati trenta.
E all'ultimo chilometro sono diventati troppi.
Ho mollato.
Avrei dovuto stare con loro,
fare uno sforzo,
provarci.
E allora,
forse,
gli ultimi metri
li avrei corsi.
Altro che 6'23” di media
sulla salita finale.


Ma va bene lo stesso.
Sette su dieci.
45'41” per un tutto giù tutto su
a cui non sono proprio abituato.

Un pacco gara strepitoso
(maglia tecnica,
bottiglia di vino con etichetta dell'evento,
mezzo chilo di pasta Barilla,
pacco di biscotti),
e un ristoro tra i più ricchi.

Il Primo degli ultimi.
E un post in cui vado a capo a cazzo.
Certo senza la poetica di Guido Catalano.

Run Around Bardonecchia 2013. Report di una dilettante allo sbaraglio

Ho chiesto a Martina di accompagnarmi ad una gara, e poi, già che c'era, le ho anche proposto di correrla. Non contento, ho pensato che le due righe sul week-end bardonecchiese avrebbe potuto scriverle lei, che lei sì che sa scrivere, e ha accettato di buon grado anche questa proposta. Eccovi il resoconto della prima gara podistica della sua vita:

L’ultima cosa che pensavo avrei fatto nella vita, dopo prendere i voti e riuscire davvero a leccarmi i gomiti, era scrivere un report su una gara podistica. Una gara corsa. Da me.
Che ci crediate o no, io, Martina, record del mondo per la minor forza di volontà, centometrista della lagna e del culo pesante, peso massimo nella categoria divano, reginetta di tutte le tavolate, giungo bel bella, un bel mattino di luglio, a Bardonecchia, in compagnia del mio beloved podista anonimo, Davide (il baus), in occasione della prima edizione della Run Around Bardonecchia.
Ma partiamo dall’inizio. Pianificata in largo anticipo e nei dettagli più svizzeri, l’allegra trasferta era stata decisa, in origine, per consentire alla furia di fuoco che incendia le gambe dei baldi runners nonesi di mettersi alla prova in una bella 8 km estiva e montana, magistralmente messa in piedi dagli amici giovanigggiovanissimi di Eclectik. Stando ai miei piani io avrei fatto, per lo più, paesaggio.
Ma, cari amici vicini e lontani, la realtà, come spesso diciamo noi grandi saggi, piroetta spesso nelle direzioni più inaspettate: era infatti successo che – nell’ultimo dei mesi di lotta per smaltire quel pile naturale di ciccia prima di provare ad entrare in un due pezzi – io avessi deciso, anche quest’anno, neanche tanto inaspettatamente, di mettermi a correre. Una cosa intima, tra le cascine e i moscerini, un paio di volte a settimana, sola con il mio dolore, le vocine nella testa e il faccione paonazzo.
Sai che roba, direte voi. E avete ragione. Non foss’altro che a pochi giorni da un weekend in montagna durante il quale sapevo avrei interpretato la parte della ragazza del podista limitandomi a mangiate e bevute pre e post gara e, al limite, teneri sonnellini al sole, giunge su di me la domanda delle domande: ti andrebbe di partecipare?
Superato (?) lo sgomento, ci penso un attimo. Sono la peggio principiante. Mi sembra chiaro che non sono minimamente in forma. Farò un tempo da mezza maratona. Chiameranno l’elisoccorso (vocine nella testa). MA non mi perdo d’animo, e siccome mi giunge voce che anche Silvia è ancora indecisa tra partecipare e interpretare il ruolo statico e sonnecchioso della moglie del podista Marco l’americano, ma sotto sotto ci vuole provare, decido che sarà un sì.
Portatici sul posto il giorno prima della gara apprendiamo che l’organizzazione dell’evento prevede una collaborazione (ampiamente ripagata in salami e altri benefits) di tutti gli amici presenti. Quindi sabato pomeriggio, mentre la forza maschia traccia il percorso, allestisce, monta e smonta cose con aggeggi, decide ed organizza, io e Silvia - con la collaborazione del Principe Maurizio e Davide - facciamo il nostro debutto nel settore marketing e comunicazione. Volantiniamo, reclamizziamo l’evento a bardonecchiesi e bardonecchiesse, cerchiamo di selezionare visivamente il giusto target e, quando non ci riusciamo, di convincere quello sbagliato. Così facendo, non solo mi scopro in grado di incitare il mio prossimo alla corsa – cosa di per sé già divertente – ma quasi me ne convinco io stessa tanto che, verso sera, mentre scelgo una pizza leggera (!), finisco a malapena la mia birretta fresca (!!) e NON ordino il dolce (!!!), mi viene il dubbio che nel mio cervello, in qualche cavità profondissima umida e buia, qualcosa abbia fatto click.
Domenica mattina sveglia quasi all’alba, colazione leggera, mi faccio violenza per non reagire con violenza al tipico malumore da risveglio del mio dolce mannaro. Accolgo e contengo. So che tra poco questa maschera di riluttanza e negatività cosmica si trasformerà nel solito simpatico cialtrone che trolla, ride, scherza e salta come un grillo. Basta aspettare: infatti succede.
Arrivati al banchetto, ottimizziamo le operazioni di iscrizione e distribuzione pacchi gara, soprattutto grazie all’illustre podista nonese Mino che sembra essere nato per questo (anzi, ripensandoci, sembra essere nato per tutto), ci scaldiamo alla veloce, pronti via, pettorina numero 17 che è simpatica e di basso profilo, campanaccio da vacca e si parte.
Ora. Il dettaglio niente affatto secondario di fare il proprio debutto podistico in montagna, è che in montagna – vi stupirà – ci sono le salite. Il primo chilometro e mezzo del tracciato è in salita e voci di corridoio annunciano un muro cattivissimo verso metà percorso (vedere, qui sotto, la testimonianza GPS del baus di cui sopra). Chiaramente, non ho mai corso in salita.



Ma tengo, anzi teniamo, io e Silvia, codazzo naturale della processione di runners: ci siamo riproposte di non farci prendere dalla foga con l’obiettivo elementare di arrivare in fondo, non spolmonare né fermarci a metà singhiozzando e chiamando la mamma. Tutto sommato, va. Certo, mi sembra di essermi dimenticata di togliere l’incudine dallo zainetto ma realizzo presto (quando il primo tratto di salita finisce restituendomi il lusso di una respirazione quasi normale) di non avere nessuno zainetto. L’umore resta alto, io mi sento parte di qualcosa e la mia testa non produce vocine. Dai dai dai! (cit).
Ma – come dice il nostro amico Antonello – quando pensi che sia finita, è proprio allora che comincia la salita: il temibilissimo muro da scalare arriva presto sotto i nostri piedi. Improvvisamente mi tramuto in Fantozzi: l’ultima ruota forata di un carro che arranca. Mi sembra di respirare attraverso una cannuccia sottilissima e mordicchiata, sento che non ce la faccio, rallento, non mi fermo ma si insinua in me l’ipotesi che potrei farlo. E quindi il più è fatto. Mi faccio forza (più di quanto me ne sia mai fatta da quando ho memoria podistica) ma mi rendo conto che continuo a respirare poco e male, ad una velocità e ad un ritmo da sala parto, quindi mi rassegno all’idea di percorrere camminando il resto della rampa maledetta. Mi odio per questo, anche perché nel preciso momento in cui mi arrendo ed inizio a camminare incontro Davide (al quale avrei voluto dimostrare la wonderwoman che c’è in me, una volta nella vita) che ormai a falcate si dirige verso fine gara. Niente, come un soldato ferito ad una gamba dico a Silvia di abbandonarmi e raggiungere l’accampamento senza di me. Lei mi fa forza ancora da lontano con gesti inequivocabili che interpreto come un reiterato DAICAZZZOO, ma no, io non me la sento. VOTO 2.

Per fortuna dopo ogni salita c’è una discesa, questo non lo diciamo solo noi grandi saggi ma anche la geografia fisica, e dopo qualche minutino di fitwalking forzato per evitare la rianimazione mi rimetto in moto e scendo, in folle, con zampate da supereroina, veloce come la luce (vabbè), con le gambe che vanno da sole e la testa che non dice assolutamente n i e n t e. Inutile dire che non ho più nessuno intorno, inizio a dubitare che stiano smontando il traguardo e finendo l’ultima pennetta rigata del ristoro in mia assenza ma improvvisamente – è tutto improvviso quando sei una principiante – mi rendo conto che sono arrivata. Lo capisco perché un losco figuro che, tra le altre cose, assomiglia tantissimo al mio ragazzo, mi viene incontro baldanzoso, ormai fresco e ubriaco di endorfine (essendo arrivato giusto quei venti minutini prima). Inizia a scattarmi foto, così come si farebbe ad un rinoceronte in un park safari. Capisco che posso stringere i denti ancora un po’, fare un sorriso completamente anaerobico e decretare compiuta (con qualcosa che somiglia tanto a vera contentezza) la missione “sconfiggi il divano che è in te”, con un signor tempo imbarazzante di 60’ per 8.500 mt: il tempo del primo assoluto moltiplicato per due, ma anche tante risate e, soprattutto, il sogno di una vita che finalmente diventa realtà: un autentico pacco gara pieno di affettati, solo e soltanto mio.


Poco podista e affatto anonimo

O meglio: poco podista nell'accezione stretta del termine, ché di podi, podi intesi come specie di basamento a due o tre livelli su cui prendono posto, all’atto della premiazione, gli atleti primi tre classificati in una gara sportiva (rif.), Coach Dan Peterson ne sa. Eccome.

(sì, lo so, è un po' tirata dal punto di vista lessicale, ma questo non è mica un blog di linguistica italiana - cit. Bibbywan Kenobi)


Giovani Podisti Anonimi crescono



GRANDE NEVIO!
(la prossima volta vogliamo vederti in racing green, però)

Bollettino SNP (5)

(e poi non dire che non te l'avevo detto: le spille stanno per terminare e l'acronimo SNP è ancora lì che aspetta d'essere scomposto) 

Per dirla col Mauri, è il fiscal compact, baby. La spending review.
Si corre ogni giorno di più ora che il tempo è nostro complice e che, detto sotto voce, gli acciacchi hanno riposto l'ascia di guerra. Si corre rifuggendo il pensiero di pettorali in offerta speciale e con improrogabili date di scadenza, affrancati dal disagio del cartellino sciolto dal sudore nella tasca dei pantaloncini ma senza alcuna speranza di tornare a casa con le mani tagliate dalle borse gastronomiche del ristoro finale. Si continua a correre, si va al Forlanini o all'Idroscalo, ci si ristora al drago verde alla salute di Pisapia. Si risparmia in benzina e lenti a contatto monouso, s'infila in lavatrice solo la roba sudata e non il cambio post gara giusto un po' umido ma ugualmente puzzolente.
La suola delle scarpe, invece, quella no. Quella la si consuma eccome. E con grande piacere. Ma costa. Costa un sacco, un paio di scarpe, altro che sport per tutte le tasche, il podismo.
L'austerity s'è appropriata anche della convivialità delle tapasciate e delle scariche di adrenalina del moderato agonismo della domenica mattina, ma, di fatto, siamo coscienti della nostra condizione di privilegiati e non ci lamentiamo troppo. Cambiamo le nostre abitudini, ci adattiamo. Non è poi la fine del mondo. Passerà. E alla sintesi del bollettino SNP succederanno post più partecipati.

Tracking GPS: abbandonato Adidas MiCoach, sullo smartphone ho installato il più affidabile (specie sui tempi intermedi) Runkeeper. Abbiamo detto addio al buon vecchio Frank e accolto con nove chilometri discretamente sparati la nostra nuova amica Gabriella. Che, in quanto donna, parla anche troppo per i nostri gusti. Ma aiuta. Alla domanda perché proprio Gabriella, la risposta è nel video qui in basso.


Letture: Guido m'ha prestato CON LE ALI AI PIEDI di Stefano Baldini (mio giudizio su Anobii: 3 stelle su 5); il Coach, invece, ULTRAMARATHON MAN di Dean Karnazes (in lettura). In entrambi i casi, un primo plauso va alla capacità dei due ghost writer di tenere alto il ritmo di libri monotematici che potrebbero ragionevolmente ridursi alle poche pagine di un romanzo breve (se l'austerity si fa sentire anche dalle tue parti, magari non comprarli. Ma se qualcuno te li presta o se in biblioteca sono disponibili, leggili. Non t'annoieranno.). 
Limitatamente al podismo, molto interessante è il modo in cui il tema dell'alimentazione durante la gara viene trattato: grazie a Baldini ho scoperto del glicogeno, cosa che degenera sicuro, già lo so. Ho imparato che il muro del trentesimo è questione di chimica, innanzitutto, mica solo di gambe e ora c'è da tradurre la teoria in pratica. La mela magica è un punto di partenza abbastanza pratico. Solo un punto di partenza, però.
Spiridon Louis: ed è sempre grazie a Baldini che ho scoperto un nuovo mito. Uno che "Si dice, ad esempio, che verso Pikermi parecchi atleti si fossero già ritirati sfiniti, al contrario Spiridon si era fermato in un punto di ristoro a bere addirittura un bicchiere di vino. Dopo aver chiesto a quanto ammontava il vantaggio degli altri corridori, dichiarò che avrebbe avuto il tempo di riprenderli prima della fine della gara." Spiridon Louis è il vincitore della prima Maratona dei Giochi Olimpici moderni. Rimanendo in tema di Maratona (rullo di tamburi)...

Maratona di Firenze 2013: il dado è tratto, il Lofa e Guido (che presto imparerete a conoscere come Il Libanese) hanno deciso che il primo omaggio a Filippide avverrà il 24 novembre 2013 in quel di Firenze. Entro breve provvederemo all'iscrizione (40 Euro se entro il 30/06), mentre alla preparazione ci stiamo già dedicando assiduamente, ispirati in maniera non rigida dai consigli di Orlando Pizzolato. A questo link c'è un PDF con qualche indicazione generica e le tabelle per la preparazione. Obiettivo dichiarato: marcare stretto il pacemaker delle 3h30' e fargli vedere la suola delle scarpe nei chilometri finali, cosa che questo simulatore (giochino punto divertente) ritiene essere possibile.


previously on: Podistica None - Podisti Anonimi @ StraCarmagnola 2013.

E quindi s’è capito che su due cose sono sempre in puntuale ritardo: tagliare il traguardo a fine gara e scrivere sul blog. Tra l’altro “puntuale ritardo” era proprio un ossimoro, sì, ma questo è un blog che parla di podismo e non di linguistica italiana, quindi passiamo oltre. La settimana scorsa la gloriosa ma anche un po’ leggendaria Podistica None è sbarcata nella contea di Carmagnola per correre, appunto, la StraCarmagnola 2013. Terra di conti e peperoni, Carmagnola è un bel posticino comodo se si vuole prendere l’autostrada per andare al mare senza passare da Nichelino, e poi, sì, la Stra-Carmagnola è una bella gara; inizialmente doveva essere una classica nove chilometri e mezzo, poi però ha iniziato a piovere, ha continuato a piovere, e ha smesso solo la sera prima della partenza. Ergo: cancellati i tre chilometri di sterrato che nel frattempo si sono trasformati in un lago, e gara che diventa una sei chilometri e mezzo super-veloce e ammazzante. Al via la gente ha iniziato a correre come se fosse inseguita tipo dal Mastino dei Baskerville che però qui sarà stato il mastino dei Pautasso, visto che ci sono pochi posti più piemontesi della piemontesissima cittadina succitata, e io non è che potessi farmi superare da tutta ‘sta gente che correva assatanata, quindi, per non saper né leggere né scrivere, ho seguito la massa e ho chiuso il primo chilometro a 3’47” e il secondo a 4’15”. Nel corso del terzo mi devo essere detto tipo “ma chi me lo fa fare di perdere la vita durante una gara podistica” e ho corso su un molto più consono 4’38”, che, più o meno, ho mantenuto fino all’arrivo. Gli ultimi mille metri, poi, li ho fatti in apnea e senza la soddisfazione di bruciare qualcuno nell’ultimo rettilineo; voglio dire: c’è sempre quel momento in cui vedo il traguardo laggiù in fondo, do tutto quello che ho, e alla fine riesco a sorpassare due o tre sfigati che sono più lenti di me negli ultimi trecento metri. Ma stavolta niente, anche nel finale andavano tutti veloci, troppo veloci, è stata una gara veloce e a me tutta ‘sta velocità mette ansia e fa venire il fiatone. A fine gara il mio orologio diceva di tutto, tipo che avevo fatto il mio chilometro più veloce di sempre, il mio miglio più veloce di sempre, la mia media gara più veloce di sempre, e poi la mia frase preferita da qualche mese a questa parte: “ti stringerei la mano se riuscissi a prenderti”. BOOM!



Pacco gara bello ma non bellissimo: cappellino raffigurante un peperone che corre, maglietta raffigurante anch’essa un peperone che corre (taglia L che poco si addice ad un podista ma va più che bene per dormire), succo di frutta alla pera di una marca ovviamente mai sentita in precedenza, bottiglietta d’acqua con il tappo-svolta a mo’ di borraccia. Poi tra un panino alla nutella e una bevanda post-gara, un gruppetto della Podistica None (la società podistica più swag del piemonte, forse anche d’Italia, ma perché non del mondo intero) ha scattato la foto che vedete qui sotto. “Chi si mette la maglia dei Podisti Anonimi?” – “ma vai a chiamare Franca, gliela facciamo mettere a lei!”. Instant-classic.


Nota a margine: nella foto qui sopra manca il bomber del team, il baus della riserva, il mayne della podistica: Mino. Problemi al ginocchio l’hanno costretto ad un riposo forzato che non ci voleva. Ve lo giuro, stava per fare l’ultimo salto di qualità quando ha deciso di cambiare scarpe, passare ad un paio di Mizuno a cavallo tra le categorie A1 e A2, e già che c’era di usarle anche in un paio di allenamenti, oltre che in gara. Ciao ginocchio, CIAO.
Lo vogliamo ricordare così: nello scatto di qualche settimana fa, durante il quale sfreccia noncurante dei limiti di velocità del comune di La Loggia. Eroe nel vento. Torna presto roccia!



La Mossa del Podista Anonimo

La Mossa del Podista Anonimo
Se sei grigia diventi rossa.
Se sei liscia ti svegli mossa.
Se sei triste ti da la scossa.
Se rimandata verrai promossa.
Seppur empia sarai ortodossa.
Se non fai la Mossa il Compagno Bonelli ti mischia le ossa.

Fai la Mossa del Podista Anonimo, scatta una foto e inviala a questo indirizzo e-mail. CHI  FA LA MOSSA  STA  LONTANO  DALLA  FOSSA!

24x1 ora - Piutost che nient l'è mei piutost

La Mossa di Flavio
La 24x1 ora Agap avremmo voluto viverla dall'altra parte delle transenne, la parte giusta, la parte che da sulla pista. Ma sarà per un'altra volta. L'anno prossimo, magari.
Un salto a Peschiera per un saluto all'amico Flavio, amico vero mica roba di Facebook, e un pensiero a Bruno e Giuditta l'abbiamo comunque fatto.
Abbiamo fatto pure un video che abbiamo caricato su YouTube e qualche foto che prima o poi inseriremo in una sezione immagini attualmente in divenire.

La stagione delle ripetute

Ora che con la bella stagione al Forlanini c'è tantissima gente che corre, mi capita spesso di sentirmi arrivare da dietro dei podisti mentre mi godo gli ultimi secondi della frazione di recupero e, puntualmente, quando sono lì li per sorpassarmi, Frank, la voce del marchingegno Gps, mi dice che è arrivato il momento di correre veloce e quindi io corro veloce, ma appena scatto mi sento quasi in imbarazzo perché ho paura, che è una paura che sa di vergogna più che di timore, che il podista che mi stava superando pensi che io voglia fare a gara con lui.
Ma io non voglio mica fare a gara con nessuno. Io faccio le ripetute.

35a Marcia del Mulino: la mela magica e l'Etereo Figuro

Be', ma se domani hai deciso di provarci, dai, vengo con te, Guido. Così non punto la sveglia, mi alzo tranquillo e ci facciamo il giro corto insieme. Di Mezze ce n'è una ogni domenica...
No Lofa, tu domani vai a Brugherio: perché si vede che non stai nella pelle e che hai il tempo nelle gambe. Vai, scendi sotto l'ora e quaranta ed è come se io fossi lì a correre con te. Il tempo lo facciamo entrambi.

Guido mi spinge con decisione verso Brugherio, il Coach benedice l'incoraggiamento e onora il riposo del settimo giorno. Prometto a entrambi che terminerò sotto l'ora e quaranta, sorvolando sul fatto che il dopo cena, specie di un giorno non lavorativo, non è il momento delle promesse e che, restringendo il campo al podismo, prima di dire certe cose sarebbe buona norma conoscere il percorso. Diciamo che potevo essere un filo più cauto. Diciamo pure che cauto non dovrebbe trovare posto tra le parole che comporranno il mio epitaffio.

La sveglia alle 6 è un male necessario, così come la mezzora di coda per l'iscrizione. Parto piano, come dovrebbe sempre essere, e conto di assestarmi al terzo chilometro sul ritmo di crociera di 4'40"/Km, da tenere in maniera costante fino al Km 19 e alzare il volume a palla nel rush finale. Bastano però due chilometri per capire che l'elementare race plan non può funzionare: dopo un intrico di viette nei pressi del ritrovo, il percorso attraversa il bellissimo parco Increa. E il parco è molto spesso un binario unico in cui l'unica possibilità è correre accodato a chi mi precede più lentamente. Oppure, non peggio ma neanche molto meglio, un sali e scendi di collinette che vanno poco d'accordo con qualsiasi proposito di tempo se il riferimento è la Mezza più veloce (e pianeggiante) al mondo, la Stramilano. Me ne servono 7 di chilometri per arrivare al 4'40" e nei 2 successivi riesco a mettere da parte pure qualche decina di secondi. Ma altro binario unico, stavolta molto lungo, che mi fa perdere quanto avevo guadagnato e, ancor peggio, il ritmo. Col morale sotto le suole delle mie Brooks infangate il giusto, decido di sperimentare qualcosa di nuovo: provo a mangiare durante il percorso. Provo a vedere cosa succede buttando giù un po' di calorie. Tiro fuori la barretta Melinda 100% frutta gusto Mela comprata alla Coop e mangio a piccoli bocconi: nel bene (nuove energie da consumare) o nel male (problemi a digerire), qualcosa succederà. Attendo fiducioso. E continuo a correre.
Intorno al chilometro 12 sento il rumore di un gruppo di podisti sopraggiungere a buona andatura dietro di me, il momento del primo sorpasso è arrivato. Il gruppo si rivela solo una una coppia di maglie blu, una delle quali, senza nessun motivo, mi taglia la strada e mi si piazza proprio in mezzo ai piedi. Mentre rischio di inciampare gli do silenziosamente del pirla e provo comunque a cogliere l'opportunità di accodarmi, ma capisco presto che i due vanno troppo più di me. Perdo contatto.
Dopo circa un chilometro, il destinatario dei miei complimenti si gira: cerca qualcuno in particolare? Non lo so. Non ancora, almeno. Noto che ha una crestina gellata: sorrido e continuo a correre solitario. Non particolarmente stanco e senza nessun dolore. Con un'idea in testa che va lentamente formandosi.
A circa quattro chilometri dalla fine, nei pressi di un cavalcavia, il percorso fa qualcosa di simile a una "U" e, nell'incrociarlo, mi accorgo che il crestina mi guarda. Con insistenza. Ce l'ha inequivocabilmente con me, ormai è chiaro. Sarà forse che muore dall'invidia per la mia maglia da gara blu con la scritta Podisti Anonimi in rosso? Non lo so. A ogni modo, sciolgo ogni dubbio: scorretto, provocatore e col capello pettinato. Un Etereo Figuro. Sorrido, di nuovo. Più di prima, convintamente. So già come va a finire. E infatti.
E infatti, poco prima del cartello dell'ultimo chilometro, giro un angolo e me lo trovo non troppo distante. La progressione l'ho già iniziata da un po', sto andando bene. Modalità splendide sensazioni. Splendide tendenti all'abbagliante. Nel sorpassarlo, ricambio la cortesia e lo sfioro leggermente con il braccio sinistro. Il braccio sbagliato. Il braccio su cui ho la fascia col telefono, che si riavvia. Addio tracking GPS, addio immagine del percorso. Fortuna o lungimiranza (propendo per la seconda, già che Frank non è nuovo a certe sorprese), nell'uscire di casa non ho dimenticato di mettere al polso il mio vecchio Casio modello Dan Peterson e così, quantomeno, il riscontro cronometrico è salvo. Il tempo di 1h34'38" conferma appieno la sensazione che il percorso non fosse lungo 21 Km, certificata dalla precisione del Garmin di un podista con cui ho fatto quattro parole prima e dopo la gara. 20200 metri, 900 in meno. Una proiezione ragionevole di quel tempo sui 21097 della Mezza mi fa stare sotto l'ora e quaranta. Pure sotto l'ora e trentanove, volendo vedere. Alè.
Quello che ho imparato a Brugherio è che alimentarsi durante la gara paga. E che un Etereo Figuro, se non riesco proprio a farne a meno, lo devo sfiorare col braccio destro.

L'Etereo Figuro è un personaggio che trova spazio in maniera abbastanza ricorrente su questo blog. In passato ne abbiamo parlato qui e pure qui.


Bollettino SNP (4)

Niente da fare: il temuto e sinistro NON ha avuto la meglio sul velato ottimismo di quel FORSE a cui ci eravamo aggrappati con troppo entusiasmo e troppa poca coscienza dei nostri mezzi. La 24x1 ora di Zelo non si farà. Non quest'anno.
Ci consoliamo con la nuova grafica del sito e le magliette di rappresentanza racing green, in attesa di ricevere notizie dal radiologo di Guido. Ché se tutto va come deve, a breve ci sarà un rullo di tamburi e una voce urlerà annunciaziò annunciaziò.
La bella notizia, discretamente sicura nonostante il menare gramo dei meteorologi , è che domani è domenica. E di domenica si tapascia. Magari al mulino di Brugherio, magari altrove (certo che un ristoro finale con polenta io non me lo farei mancare, Coach).

24x1 - La staffetta che forse ci sarà

Non lasciare che il velato ottimismo di un FORSE si trasformi in un sinistro NON, vieni a correre con noi! 
Scrivici della tua disponibilità a questo indirizzo, indicando quanti minuti vorresti correre (20', 30' o 60') e quando (la prima frazione è prevista per sabato alle 11:00 e l'ultima è domenica ore 10:00). La quota d'iscrizione, fissata in 10 Euro, ti darà diritto alla nuova, fantastica maglietta dei Podisti Anonimi e tutto quanto messo a disposizione dall'organizzazione.
Dai, vieni a correre con noi. Ci divertiamo. Sicuro!

Nota a margine: i costi di iscrizione (130 Euro) e di acquisto e stampa delle magliette (180 Euro) verranno coperti al raggiungimento di 31 adesioni. Nel caso queste fossero superiori, e con un massimo di 36, il maggior ricavato verrà utilizzato per la stampa delle spille col nuovo logo (e per la qual cosa ti siamo debitori, Fabio).


Torino, Vivicittà 2013 - non direi male, ma neanche benissimo.


Ciao, mi chiamo Davide, ho 26 anni, e passo le domeniche mattina a prendermi mazzate da gente che ha il doppio della mia età e che corre al doppio della mia velocità. Questo è il mio post d’esordio su #PodistiAnonimi.


Vivicittà 2013 equivale a: dai, facciamola, che a fine gara andiamo a scassarci un kebab da Horas. E quindi pronti-via, c’è tanta gente, ma non è certo la Stratorino, tantissime persone ma non troppe. Dodici chilometri nel centro del capoluogo piemontese, posti che sono abituato a vedere indossando i panni dello studente universitario, o, dopo le dieci di sera, dello studente universitario che esce a sbronzarsi (ma sappiate che bere, al podista, fa male). Dicevo: pronti-via e dopo duecento metri passiamo dietro alla sede di Torino Esposizioni, che fino all’anno scorso lì dentro ci seguivo il corso di Lingua Inglese; una discesa che ti fa andare come una scheggia sfiorando i tre e trenta al chilometro (io concluderò la gara con un misero quattro e quarantacinque di media che spero di migliorare il prima possibile, iniziare ad allenarmi seriamente non mi farebbe male ora che ci penso). Cerco di recuperare il tempo che perderò più in là, perché ad ogni discesa, a quanto pare, corrisponde una salita. E dopo trecento metri infatti è già lì, ma è tranquilla: curva a gomito a sinistra, siamo nel cuore del Parco del Valentino, alberi, famiglie che passeggiano, e davanti a me un chilometro di salita non ripida ma costante che mi porta dritto dritto in riva al Po. Da lì è un attimo entrare nel centro cittadino fino in Piazza Vittorio, la piazza più grande d’Europa – dicono- , e guarda, lì c’è la Rhumeria Rumba Mamà, quanti rhum al caramello in quel posto. Due chilometri e oltrepasso il fiume, hanno riservato una corsia a noi podisti ma io preferisco il marciapiede, le gambe le sento normali e qui pare che sia tutta in piano per un bel pezzo, anche se controvento. Passo davanti al negozio di snowboard più cool di Torino, curva sulla destra e ci dirigiamo di nuovo verso il Parco dal quale siamo partiti; Marco e Davide li ho persi dopo un centinaio di metri, Mauri anche stavolta dopo il secondo chilometro, Mino è reperibile quindi niente podismo per lui quest'oggi, e Carmelo è da qualche parte più indietro che corre senza pettorale, non è iscritto e la prende come un allenamento in compagnia.
Quattro chilometri all'arrivo: mi avevano detto "il percorso non è quello dell’anno scorso, sono stati eliminati un sacco di sali-scendi". Sì. Come no. Entrando al Vale (i gggiovani torinesi, il parco, lo chiamano così) c’è una stradina che è adorabile se percorsa in discesa con un longboard. Ma in salita è SCOMODA. Curva a sinistra: ancora alberi, famigliole, rettilineo e poi una discesa ripida che va davvero troppo giù, e ho paura, perché prima o poi dovremo risalire. Lungofiume: la gente ci fa le foto, i bambini ci guardano stupiti e le mamme dicono “guarda che corrono! Uuuuhhh ma quanti sono!”. Siamo al decimo chilometro e sono passati quarantasette minuti, davanti a me c’è tanta gente stanca e una strettoia che sale, sale, sale. La imbocchiamo e i polpacci fanno male, curva cieca a destra, mi dico “dai che adesso vado tranquillo”, e invece la salita continua. Vedo un tunnel, dentro a quel tunnel ci dobbiamo passare e mi dico “dai che poi, dopo quel tunnel, ci sono ancora poche centinaia di metri e sono arrivato”. Non è vero, all’uscita del tunnel vedo la discesa di inizio gara, quella in cui si sfioravano i tre e trenta al chilometro, la devo fare nel senso contrario. Vengo affiancato da Carmelo che mi dice “dai Davide, dai”, io lo guardo e gli dico “sto per Morire, adesso muoio, guarda, muoio lì”, e indico un punto a caso dell’asfalto davanti a me. Vedo il traguardo, mi dico “beh, dai, sono arrivato”. Faccio uno scatto e mi rendo conto che non è poi così vicino, per allungare il percorso hanno messo transenne qua e là, ma comunque è lì, davanti a me, ormai sono arrivato davvero, questo è quel momento in cui te ne freghi di come stai e inizi a correre più veloce che puoi per guadagnare qualche secondo prima di collassare stramazzato a terra sotto gli occhi altrui. Passo sotto il traguardo, questo enorme arco gonfiabile di colore giallo, sto per schiacciare stop sul cronometro e piegarmi sulle ginocchia quando un tizio con la ricetrasmittente mi fa gesto di proseguire e ci grida che quello è solo l’arco che segnalava la partenza, l’arrivo è nel cortile della facoltà di architettura, quel castello poco più in là, a circa duecento metri. Momento momento momento momento. Scherzi? Mi prendi in giro? Ho passato gli ultimi duecento metri a sperare che quelli fossero gli ultimi duecento metri, e ora mi dici che ne devo fare altri duecento? Occhei, adesso li faccio ma poi muoio.
Li faccio, chiudo in 56’27”, poi bevo succo di mela come se non ci fosse un domani, mangio fette biscottate e marmellata, e mi cambio nello spogliatoio messo a disposizione dall’organizzazione (leggi anche: una panchina a caso a pochi metri dall’arrivo). Direi che ci siamo, andiamo a mangiarci ‘sto Kebab, o no?