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Coincidenze

Luglio 2015, mando al Coach una fotografia a corredo di un breve commento sul Giro da Paura 2015. Una foto che mi ritrae sul traguardo, subito seguito da quello che, fino a quel momento, era semplicemente uno dei tanti partecipanti alla gara. Il Coach mi risponde verifica se quello che hai dietro nella foto è un certo Loris Pagani, perché mi ricorda un mio compagno di squadra con cui battagliavo. Ti mando, se riesco, una foto dei tempi andati.


Il numero di pettorale ben visibile mi permette di verificare e sì, il 327 è Loris Pagani. Nel frattempo arriva anche la foto del Coach, una foto di 15 anni fa, di quelle stampate 15x20 probabilmente, rifotografata col cellulare e inviata via whatsapp. Lui davanti e il Pagani nascosto dietro, una qualche gara a Gaggiano.
Il Pagani finirà davanti, mi dice il Coach.




Chiusa lì, che coincidenza: mandi una foto al Coach nella quale lui riconosce un vecchio compagno e lui ha subito lì, in negozio, a portata di mano, una foto di 15 anni prima con la quale ti risponde.


Ma non è esattamente così. Non è chiusa lì. L'altro giorno stavo cancellando un po' di file dal Drive di Google e, nella cartella Podisti Anonimi, trovo una serie di immagini risalenti ai primi anni della corsa. Tra cui, quella qui accanto. Era il 2013 e la gara era sempre Il Giro da Paura. Quel tizio lì, stavolta lui davanti a me (io sono quello sfocato in fondo, vestito di rosso e blu), quel tizio lì mi sembra il Loris Pagani. Ancora lui.
Ho mostrato l'immagine al Coach e il Coach ha confermato. E' lui, ancora lui.

Loris, ci vediamo al Giro da Paura 2016. O, se per chissà quale motivo ti capita di passare da queste parti e ne avrai voglia, usa il box contatti sulla destra e magari ci facciamo una tapasciata insieme. Prima che arrivi il momento del Giro da Paura, ovvio.

Il regalo di Nevio

I regali più belli son sempre quelli che meno t'aspetti: GRAZIE, Nevio! (Nevio, dei tre ragazzi ritratti nella foto al link, è quello che sta sul gradino più alto del podio)


La prima volta non si scorda mai...

E’ difficile parlare della corsa senza rischiare di cadere nel retorico. E’ difficile parlare delle sensazioni ed emozioni che ti attraversano prima di correre, durante la corsa e quando poi hai finito di correre.
Ma la cosa bella della corsa è che non occorre essere un campione, non occorre avere nelle gambe e nei polmoni tempi e distanze importanti, per poterti sentire un runner, per essere percorso da quel fiume di sensazioni contraddittorie che ti portano a spasso in una giostra di emozioni.
Non voglio certo dire che non ci sono differenze tra un runner vero, ed un “pivello” come me, ma il fatto di essere tornato a casa la sera col freddo o con la pioggia e aver deciso comunque di cambiarti, metterti le scarpette e uscire…, di aver corso pensando che eri troppo stanco per proseguire, ma non ti sei fermato…, di sentire un dolore al piede, al ginocchio, o alla schiena, decidere di non ascoltarlo, e dopo un po’ scoprire che per miracolo questo è sparito… tornare da una uscita senza più forze, ma col sorriso sulle labbra perché hai sentito delle belle sensazioni, e poi la sera sul divano goderti l’endorfina che nel corpo ti lascia quel senso di benessere e “beatitudine”… se hai provato questo e tante altre emozioni e contraddizioni che la corsa offre, allora non avrebbe senso non sentirti autorizzato a parlarne, o addirittura a scriverne.
Oggi ho avuto il mio battesimo ad una 12 km, ed è stata una esperienza di quelle che non scordi facilmente. Forse rileggendo questo post, è più un pezzo di diario personale, e magari potrebbe non aver senso pubblicarlo qui. Chiedo scusa se è un po’ troppo lungo, ma si tratta delle emozioni e sensazioni legate alla corsa e forse ognuno può in parte riconoscersi soprattutto pensando alle sue prime esperienze.
Lanciando il cuore oltre l’ostacolo, avevo promesso che avrei partecipato a questa corsa, anche se sono ancora alle prese con il cercare di rendermi facili e familiari i 10 Km.
Nelle ultime tre settimane però un brutto mal di schiena non voleva lasciarmi in pace. Tutta colpa e merito del professore che con il suo modo di fare e con il suo entusiasmo mi aveva convinto che correvo con il freno tirato e potevo iniziare ad aumentare la velocità. Durante il giorno mi ascoltavo per capire come stava la schiena, e se la sera sarei potuto uscire, e riuscivo a cambiare idea due o tre volte tra esco e non esco, anche se poi regolarmente uscivo, al limite accorciando il percorso. Il timore che la schiena non mi avrebbe fatto correre come volevo mi ha fatto fare discrete scorpacciate di antinfiammatori e antidolorifici, con rush finale della sera prima della corsa e la mattina a colazione.
Mettere la sveglia alle 6;40 e sentirla, le due cose non sono automaticamente consequenziali, è stata la prima sfida della giornata vinta. Come un ragazzino emozionato, la sera prima mi ero preparato tutto il corredo per la mia avventura, quindi felice di scoprire una giornata fredda ma soleggiata, ho fatto la mia colazione dei campioni, Oki e via.
Ero teso, perché tante volte mi è capitato di uscire con grandi aspettative, e rendermi conto che le gambe proprio non andavano. Avevo paura di poter prendere un ritmo eccessivo che poi magari mi avrebbe fatto scoppiare, o magari di finirla troppo malandato. Per riuscire ad essere più presente e concentrato sulla corsa e sulle mie sensazioni, solo all’ultimo momento ho deciso che avrei corso senza la compagnia dei Doors, che il giorno prima avevo scelto come colonna sonora della mia prima volta.
All’avvicinarsi del fischio di partenza sentivo dentro di me l’adrenalina che iniziava a lavorare, ed io che pian piano iniziavo ad entrare in una bolla. Poi, non so bene chi, ha sparato un colpo di pistola che sembra abbia preso in pieno la bolla nella quale ero entrato, la quale naturalmente è scoppiata, dandomi una spinta in partenza stile Willy il Coyote, tantè che non sapevo bene nemmeno io cosa stesse accadendo. Dopo circa 500 metri, ho realizzato che ero partito ad una velocità che non era la mia, ma semplicemente la spinta della bolla esplosa. Ho guardato l’orologio, dove c’era scritto che stavo andando alla velocità per me siderale di 4,30 al km. Ho realizzato che si stava compiendo il dramma che temevo, partire troppo forte e non finire nemmeno la corsa. Solo a quel punto mi sono ricordato che dietro dovevano esserci i due compagni d’avventura che erano decisamente più forti ed esperti di me, e che li avevo incoscientemente seminati.  Il mio obbiettivo in partenza era quello di cercare di fare più strada possibile insieme a loro, e invece li avevo persi. Gianluca sei un vero cazzone!!! L’istinto è stato di fermarmi, aspettarli e chiedere scusa a tutti, ma invece ho solamente rallentato. E nemmeno tanto, dato che il primo chilometro l’ho chiuso a 5,15, inutile a dirsi il km più veloce di tutta la mia vita podistica. Naturalmente è tutto relativo, ma per uno che non aveva la più pallida idea di quale obiettivo darsi, accettando comunque qualsiasi risultato al di sotto dei 6 al km, la media del primo km era decisamente veloce. In tutto ciò non mi era molto chiaro cosa stesse accadendo. Mi giravo spesso a cercare i miei compagni, che però non arrivavano, e mentre un fiume di gente continuava a superarmi, pensavo di essere riuscito a diminuire la velocità al mio livello di sicurezza, ma il secondo km lo avevo fatto ancora al di sopra delle mie possibilità, 5,19 per la cronaca. Al terzo km finalmente i miei compagni mi hanno raggiunto, e subito ho realizzato che restare insieme a loro sarebbe stata impresa molto complicata. Mi sentivo un emerito cretino per lo sprint iniziale, e veramente mi veniva voglia di chiedere scusa. Nel frattempo, uscendo dalla zona residenziale, abbiamo iniziato ad inoltrarci tra la campagna, passando accanto ad un fantastico castello, almeno così mi han detto. Ho realizzato che si trattava di un bel posto, l’atmosfera era suggestiva, ma io ero troppo concentrato a non perdere per la seconda volta i miei compagni, ma stavolta ero io quello che sarebbe rimasto indietro. Entrati nello sterrato della campagna, il sole diventava più caldo, e verso il sesto km ho capito che cercare di mantenere il loro passo non aveva senso. Così ho accettato di lasciarli andare. Inaspettato, come un oasi nel deserto, in mezzo alla campagna si è presentato un piccolo ristoro. Ho guardato l’orologio, e le pulsazioni erano arrivate a 170. Con gran sollievo ho visto che i ragazzi si erano fermati al ristoro, quindi ho deciso di prendere anch’io qualcosa. Non mi importava cosa, era solo una scusa per far scendere un po’ le pulsazioni. Ho ingurgitato una fetta biscottata con marmellata e sono ripartito.
A quel punto mancavano ancora 6 km, e io mi sentivo esausto. Avevo corso al di sopra delle mie possibilità, e vedevo l’arrivo come una meta lontanissima. In quel momento è partita la mia corsa vera e finalmente ho iniziato a divertirmi. Mi sono letteralmente scordato dei miei compagni, e ho iniziato a cercare un buon ritmo che mi facesse sentire impegnato ma non impiccato. Ho iniziato a guardarmi attorno, cercando di capire chi aveva senso seguire, e proprio davanti a me si è come materializzato uno splendido sessantenne che avevamo superato in precedenza, e che non si era fermato al ristoro. Sembrava decisamente sapere il fatto suo. Osservavo le sue gambe che sembravano le lancette di un metronomo. Un po’ dinoccolato, ma dava la sensazione che senza ne aumentare ne cedere di un secondo, sarebbe arrivato al traguardo e poi senza fermarsi avrebbe continuato sino a casa sua. Ho iniziato così a seguirlo, togliendomi di dosso la responsabilità di decidere a che velocità andare, e concentrandomi semplicemente sul sentire la rotondità del passo, uno dietro l’altro, a inseguirsi e spingersi a vicenda, senza più sentire la fatica di spingere ad ogni falcata. Mi sono rassicurato, avevo il mio “uomo di esperienza” che mi avrebbe portato al traguardo, e potevo anche godermi un sole che nel frattempo sempre meno timido, cosi come la mia corsa, riscaldava e rendeva particolarmente suggestiva la campagna attraversata da un biscione di colorati runners . La soddisfazione in me è stata grande, quando all’ultimo km ho capito che avevo la forza di allungare. Ho salutato e ringraziato quell’uomo a cui ero grato, e che in quei 20 minuti circa avevo anche iniziato a voler bene, e mi sono fiondato al traguardo con un  ultimo km corso alla stessa “folle velocità” del primo.

Al traguardo il generoso professore mi ha accolto con tanto di filmino, ed io ero contento come un ragazzino, imbottito di adrenalina, e felice di aver timidamente accettato quell’invito e buttato il cuore oltre l’ostacolo, che probabilmente rappresenta una perfetta metafora e sintesi della corsa. 

Corri che ti passa

Tu guarda a volte il caso. Che poi... sarà un caso? E' un paio di settimane che correndo penso ad un post sulle mie ultime sensazioni da curidùr, una sorta di “Il senso di Massi per la corsa”. Una cosa dove mettere nero su bianco la presa di coscienza di alcuni cambiamenti nel mio approccio al running dilettantistico e dilettantesco. E cosa leggo oggi sul blog dei podisti? Il resoconto del Lofa sulla mezza di Busto che finisce proprio con una sua riflessione sul suo senso della corsa. Il Lofa... Il Lofa era un altro pianeta quando io muovevo i miei timidi primi passi al Forlanini e ora, a distanza di due anni, la distanza si è fatta siderale! Lui in continuo progresso, in continuo miglioramento, io sempre lì, a navigare a vista, a corricchiare sui miei 5'15'', 5'30'' al km, roba da dilettanti appunto.
Il Lofa “che per quanto ami la corsa e per quanto vorrebbe correre per il solo gusto di farlo, è l'agonismo a muoverlo” e io lo ammiro per questo, perchè l'ho sempre visto così. Con l'obiettivo in testa, col colpo sparato (ma mai buttato lì a caso), con la corsa di gambe e di testa, con l'incitamento sempre costante a non mollare, a credere nell'impossibile. Solo che lui poi l'impossibile lo realizza, io no.
E allora eccomi lì ad arrancare sulla Cristoforo Colombo in direzione Ostia lido, a faticare come non mai in Corso Sempione, le strade delle mie due prime mezze, fino alle due ultime e non ancora documentate “imprese” della mezza di Monza e della faticosissima Medio Maraton di Valencia portata a termine col mio peggior tempo sulla distanza.
E' lì che è successo qualcosa, è in Spagna che forse ho capito che tipo di corridore sono.
A Valencia ci sono arrivato male: in piena forma fino a metà settembre con la tabella d'allenamento rispettata al centimetro (o al secondo), con la mezza di Monza che doveva essere un lento “lungo” di allenamento in vista del tempone spagnolo e che invece è stata una sorpresa per come è arrivata. Con un tempo dignitoso, ma raggiunto in progressione e con l'impressione di avere nelle gambe e nei polmoni la possibilità di fare meglio. 

Poi la catastrofe: tosse, bronchite, casini vari e Valencia che fino al venerdì della partenza era ancora un'incognita. Vado? Non vado? Vado e non corro? Parto e mi fermo? Col mio amico Filippo arrivato il giorno prima, ad aspettarmi, lui che a Valencia affrontava la sua prima mezza ufficiale, lui che ha dettato il ritmo per i primi tre chilometri dopo i quali l'ho abbandonato e ancora mi dispiace non aver potuto correre insieme, ma ero davvero molle, senza gambe, stanco. Guardavo il suo entusiasmo che era il mio alla partenza di Roma, ma vedevo anche la mia disillusione, la consapevolezza di non avere le gambe per fare un tempo decente e la delusione di correre senza l'obiettivo, senza il giusto stimolo. E gli chiedo scusa adesso, a Filippo, per non aver assecondato in pieno il suo entusiasmo, per essere stato negativo, per essermi fatto prendere dall'ansia da prestazione. Alla fine a Valencia sono arrivato in fondo, distrutto, in due ore e 10, roba da scarsoni, con le gambe di marmo e la delusione sul volto. 

Ma Valencia è stata anche la svolta. Tornato a Milano non avevo nemmeno voglia di rimettermi a correre, di rifare il solito tragitto "fontanella-fontanella", di vestirmi, di uscire al buio. Sono stato fermo un po', ho ripreso piano: pochi, lentissimi chilometri. Poi è successo... E' successo una domenica mattina. Partenza lenta, nessuna aspettativa se non quella di rimettere qualche chilometro nelle gambe e poi, improvvisamente, inaspettatamente eccolo là, lo stato di grazia, la corsa sciolta, leggera, la gamba che va per inerzia, quasi da sola, quella sensazione che per come ti senti in quel preciso istante potresti correre all'infinito! Eccolo, è tornato quell'insieme di forma fisica, leggerezza mentale, divertimento, passione, felicità. E' tornato quello che diceva Mark Rowlands, sempre lui, è tornato il piacere di correre per il gusto di correre, senza meta, senza obiettivo, senza aspettative. Uscire di casa, un passo dopo l'altro, poi un altro, un altro ancora, leggero, zen! Ecco, ora lo so, sono un podista zen!!!



24a Maratonina di Busto Arsizio, ovvero lo struggimento del podista grafomane che anela al Nirvana ma brama l'Olimpo

Alla vigilia, nel solito post ignorante in cui dichiaro il colpo, avevo scritto che faccio il possibile per stare col pacer dell'ora e venticinque, poi, chilometro dopo chilometro, vediamo cosa succede. Che mi piace questa cosa del provarci sempre, nella corsa, roba che se avessi lo stesso slancio in alcuni frangenti della vita, forse passerei meno tempo sul divano e un po' di più a divertirmi con cazzate assortite che non importa cosa siano, basta che siano cazzate. Considerazioni esistenziali a parte, provato c'ho provato, anche se già sapevo che non penso di poter tenere i 4'/Km fino al traguardo.
Infine, sempre in quel post lì, avevo scritto che mi bacio i gomiti anche per l' 1h27', ma, mio malgrado, ho dovuto risparmiarmi la mossa da contorsionista.

Sveglia ore 5:30 dopo una notte piuttosto agitata, zero soddisfazioni intestinali (e questo, lo dico seriamente, per me è un problema quando ho da correre a tutta), pulsante per chiudere la macchina che s'incastra dopo aver parcheggiato facile a Porta Vittoria. Ma treno in orario, arrivo a Busto in orario, una passeggiata di un quarto d'ora in un paese ancora sotto le coperte fino al Village, nessuna coda per il ritiro del pettorale e incontro subito Moira. Con un fazzoletto di carta in mano, bontà sua. Ce la prendiamo con tutta la calma necessaria e rimane pure una mezzora di riscaldamento/ingresso nelle gabbie. Il sole è caldo e se non tolgo la termica è solo perché ho paura che il mio intestino non gradisca. Il Garmin, non solo il mio, non riesce ad agganciare il satellite. E la gara sta per partire. Il problema si risolve da se, come sempre. E' solo una questione di tempo.

La gara parte e i pacer dell' ora e venticinque son già ben distanti. Li tengo d'occhio senza avvicinarmi troppo, anche se la scia del gruppo mi gioverebbe. I tempi sono bassi, sotto i 4'/Km, i primi 5 Km sotto i 20. Sto bene. Faccio un po' di fisarmonica con tre Ortichini che incrocio la domenica mattina al Forlanini, mi dico che di questo passo magari ci scappa anche un 10000 da ricordare. Ma tra i Km 8 e 9 il bicipite femorale destro, sempre lui, inizia a non gradire i ritmi che sta sopportando e, subito dopo, ho uno spasmo allo stomaco. Di quelli che in passato hanno preceduto la scritta game over. Ahia.

Consciamente, me ne fotto. Irrazionalmente, non so. Non so se il successivo e definitivo calo sia dovuto a uno di questi due episodi, alla somma dei due oppure al falso piano che mi accompagnerà fino al traguardo. Dei restanti 12 Km, infatti, solo uno sarà sotto i 4'15" e questo nonostante non mi risparmi. Ogni tri tri del Garmin è una pugnalata al mio morale. Mi sembra di rivivere alcuni passaggi della mia prima Maratona, in cui, per la prima volta, ho sperimentato il rifiuto del mio corpo a eseguire i comandi impartiti dalla testa.

La vera verità, però, penso debba contemplare una quarta ipotesi, che si somma alle altre ma che sta in piedi anche da sola: non ho le gambe per arrivare fino in fondo a 4'/Km, lo sapevo già prima di partire. E l'avevo pure scritto. Forse, in una giornata di stato di grazia, forse, sarei arrivato a fare più di una decina di chilometri alla massima velocità. Magari anche 21. Non questa volta. Non ora.

Al Km 17 guardo il tempo, aggiungo in maniera spannometrica la somma di 4 Km corsi a 4'30" e inizio a temere di non riuscire a chiudere sotto i 90'. Ipotesi che non voglio neanche prendere in considerazione. Da quel momento in poi decido di correrla al massimo delle mie possibilità e senza più guardare l'orologio, servirebbe solo a farmi del male. Il sopraggiungere di gruppi numerosi alle mie spalle mi fa pensare al sorpasso da parte dei pacer dei 90' e del loro seguito, ma così non è: giunto sul vialone finale, scorgo in lontananza il tabellone col tempo e vedo un 1h29' che, tagliato il traguardo, sarà 1h29'10". Speravo di meglio, l'ho già detto, ma non posso dimenticare che questa è la mia prima volta ufficiale sotto l'1h30' in un percorso certificato. E questo rimane un motivo di soddisfazione non indifferente. Per le braccia al cielo e le musiche di Vangelis c'è ancora tempo. E non ho mica fretta.

Moira arriva una quindicina di minuti dopo di me: aveva sparato, in modo troppo poco ignorante per i miei gusti, un 1h44' che le sarebbe "banalmente" valso la conferma del suo miglior tempo sulla distanza. Ha chiuso in 1h43'27". Per l'ennesima volta sotto il suo limite, gara dopo gara. Nonostante un dito (di un piede) rotto e un tour de force per il quale non so davvero dove possa trovare le energie.

Quello che ho imparato sulla montagna (cit.) a Busto Arsizio, quello che ho capito mettendo una croce sul primo dei due obiettivi di lungo termine che mi ero prefisso, quello che oggi so in maniera chiara è che per quanto ami la corsa e per quanto vorrei correre per il solo gusto di farlo, è l'agonismo a muovermi. Agonismo che intendo come ricerca, non come fine. Adrenalina, non competizione. E' darmi un obiettivo e dare tutto per ottenerlo. E', in soldoni, l'esatto contrario di ciò che serve per per aprire le porte del Nirvana. E' la ricerca del piacere e la consapevolezza, del tutto personale, che cercare è meglio che trovare.

Siddharta, ne riparliamo nella prossima vita. Forse.


Maratonina di Busto Arsizio - il colpo

La sparo grossa: faccio il possibile per stare col pacer dell'ora e venticinque, poi, chilometro dopo chilometro, vediamo cosa succede. 
In tutta ignoranza, non penso di poter tenere i 4'/Km fino al traguardo, ma non voglio neanche avere rimpianti.
Ci provo. 
E visto che il muro dell'1h30' è caduto non più tardi di 3 settimane fa, mi bacio i gomiti anche per l' 1h27'.

Moira, che si dice stanchissima, conta di metterci 1h44'. 

Da Splinder a Una Corsa da Re: i Podisti Anonimi incontrano la Podistica None ed è capolavoro.

Dopo tre anni passati a dire prima “a ottobre la faccio anch’io la Corsa da Re” e dopo “no, mi sa che anche quest’anno La Corsa da Re la faccio l’anno prossimo”, finalmente, quest’anno non sono riuscito a trovare nessun motivo plausibile per cui non farla, e anzi, fin dall’estate ero gasatissimo all’idea di correre una mezza nei giardini della Reggia di Venaria con i miei amici. Lo step successivo, e chi mi conosce sa come sono fatto, è stato proporre la cosa anche a chi non l’avrebbe mai corsa, a meno che non ci fossi stato io a lanciare l’invito. Perché? Boh, non so, perché più siamo e meglio è, probabilmente.


Ecco quindi che mi ritrovo a far scoprire le bellezze del podismo a due amici di campeggio con i quali corro (piano) sulla passeggiata di San Bartolomeo al Mare d’estate, ed ecco che, soprattutto, scrivo al Lofa, quello de “Il Blog del Lofa” che leggevo otto/dieci anni fa quando ancora esisteva Splinder, ai tempi in cui lui giocava a calcetto e pallacanestro, i tempi in cui scriveva libri e Caparezza gli assomigliava.

Dopo qualche telefonata e qualche messaggio su whatsapp il gruppo era composto da:

Il Lofa: “ah ma tu sei quello dei podisti anonimi???” Arriva da Milano, fa il suo PB in una mezza stando sotto l’ora e mezza nonostante le salite e la quasi totalità di sterrato, mangia pranzo tranquillo e se ne torna a Milano come se niente fosse. CIAO.

Scheggia Impazzita Mino, detto anche “basso profilo Mino”. Cuoco infermiere, l’appassionato di gallicismi dal linguaggio forbito, si ispira a Maccio Capatonda. Tirato da Marco Bernacca chiude in un’ora e quaranta con la solita classe che non mancherà di sfoggiare anche durante il pranzo.

Marco detto Bernacca, Capitan Futuro della Podistica None e papà di Bianca (sei mesi) che oggi correva la sua prima 4k (nella fascia, insieme a mamma Silvia).

Davide, Eclectik Running Team, granata. Chiude in un’ora e trentatre prima di riservarci l’ennesimo pippone su facebook nel quale anche questa volta ci tagga e si lamenta del suo tempo. Parole d’ordine: “zio fa” e “porcoddue”.

Il Pairons e la Rivo, coppia glamour del saluzzese alla loro prima gara podistica (la 10k). Prima della partenza lui mi dice “no guarda, non penso faremo la gara del primo novembre, la sera prima saremo a cena con mia madre e mangeremo un casino, abbiamo già prenotato…”; dopo la gara: “SIAMO GASATI! IL PRIMO NOVEMBRE CI SIAMO ANCHE NOI INSIEME A MIA MADRE!”

Martina: decide di correre la sua quarta corsa podistica a due settimane dalla partenza e si dice molla e demotivata, ma ad animarla due pensieri fissi: battere la Colombari su Instagram nella categoria “selfie pre-gara” e il brasato con patate nel post-gara.

Il Principe: il triatleta zen che al Garmin preferisce l’andare a sensazione. Per qualche strano motivo è finito a fare la 10k, durante il pranzo ci delizia con perle e aneddoti legati alla sua emittente preferita (Gazzetta TV) con indosso la prima maglietta che ha trovato nel cassetto la mattina: quella di un triathlon a Phuket.

E poi c'ero io. Ok, forse l’ho presa un po’ alla leggera, ma tant’è: ho passato giugno e luglio a corricchiare, la prima metà di agosto a mangiare come un maiale in una vacanza sarda on the road, e da metà agosto in poi ho iniziato una tabella d’allenamento, saltando qua e là qualche appuntamento con le mie Brooks in favore degli scarponcini da Trekking.
Il ritrovo è al parcheggio Juvarra alle nove meno un quarto, arrivo e incontro tutti, uno dopo l’altro. A mezzora dalla gara stavamo bevendo un caffè affacciati sui giardini reali, ad un quarto d’ora dalla gara abbiamo iniziato lo stretching, cinque minuti dopo mi hanno chiesto se non facessi riscaldamento: “il mio riscaldamento sono i primi tre chilometri di gara!” Che bello fare una corsa totalmente libero dal magone e dalla paranoia di dover fare il tempo, ché se non lo fai t’incazzi.
E invece: pronti-via e iniziano le salite, scopri che praticamente non ci sarà asfalto, che la prima metà è costantemente in salita e che andando avanti è tutto un saliscendi. Sono tre le salite più impegnative, con l’ultimo strappo al diciottesimo chilometro che ti spezza le gambe. A ripensare ai tempi che facevo fino ad un paio di anni fa, come diceva mio nonno, “mi sale il criste”…eppure mentre corro guardo poco l’orologio e non mi dispero, difficilmente potrei fare di più su un tracciato del genere. Chiudo in un’ora e cinquantadue quando speravo di metterci dieci minuti in meno, almeno.


Mi girano le palle e mangio banane e arance ai punti-ristoro. Martina dirà “no ma veramente, dovevate vederlo, parlava a monosillabi ed era incazzato nero per il suo tempo… ma rilassati no? Non sei contento che l’hai finita? Non ti puoi accontentare?” e Monica risponderà “ma dev’essere una cosa loro, anche lui (il Lofa ndr) non è mai contento, io non so cos’è che c’hanno…”

A fine giornata ci salutiamo tutti, ci rimandiamo alla prossima gara, e il Lofa mi consegna la “Racing Green: “La chiamiamo così perché ricorda il racing green della Lotus dei tempi che furono. In Italiano sarebbe verde oliva ma racing green fa molto più figo!” Beh, CAPOLAVORO! La Racing Green, per la cronaca, è quella qua sotto:




P.S. Lofa, so che non c'entra molto con le gare podistiche ma...quasi quasi me la metto stasera al concerto del tuo amico Capovilla.

4a Una corsa da Re - Letizia e disagio

Mi son fatto un giro sulla Wayback Machine e sono andato a vedere, a spanne, quando c'è stato il primo contatto con un allora ventunenne che, nel settembre 2008, si descriveva con queste parole:

Davide, 21 anni da No-one City. Playmaker, springsteeniano anziché no, figura chiave di un'intricata trama governativa, un complotto teso ad occultare la verità sull'esistenza di una forma di vita extraterrestre. E' una congiura internazionale per dirla tutta, ha i suoi uomini di punta ai più alti livelli della politica e tocca da vicino la vita di ogni uomo, donna o bambino del pianeta. E nessuno ci crede! Dicono di me: Geek, affetto da quasi certa sindrome bipolare, paranoico, pungente, arricchente, agorafobico, infoscato, perennemente insoddisfatto, catastrofista, disfattista, invariabilmente morto di sonno, totalmente sprovvisto di un'organica filosofia di vita. Eletto miglior vegetale del cazzo 2006. Il ragazzo ha le qualità, ma non si applica. Telefonare ore pasti, astenersi perditempo. 
(clic qui se non t'accontenti del copia/incolla, ma vuoi che i tuoi occhi siano testimoni)

Un giorno di qualche settimana fa, Davide, con il quale negli anni ho scoperto di condividere la passione per la corsa oltreché parte delle sue afflizioni mentali, m'ha proposto di partecipare a una Mezza organizzata dentro e tutt'intorno la Reggia di Venaria Reale. Bella location, bella gara mi diceva lui. E io, senza troppo indugiare, ho risposto sì, ci sono: non tanto per la gara in se, che per bella come potrà essere, rimane una gara che sapevo non avremmo corso fianco a fianco, quanto per potergli stringere la mano, finalmente, dopo tanti anni passati a leggere e a commentare reciprocamente le cazzate scritte da entrambi sui social network e pure su questo blog, separati da millemila chilometri di fibra ottica che scorre sulle dorsali dell'Internet quando Milano e Torino distano due ore scarse.
E' stato bello, è stata una splendida giornata passata con lui, Martina e i loro tanti amici. Ma non è di questo che voglio parlare qui, anche perché c'ha già pensato Davide a creare altrove l'hashtag per farlo.

Ricorderò la 4a edizione de Una corsa da Re come la mia prima volta sotto l'ora e trenta minuti in una Mezza. Un traguardo che, chiedilo al Compagno Guido se non ci credi, solo poche settimane fa ritenevo pressoché impossibile. E che ancor di più sembrava esserlo dopo aver visto l'altimetria del percorso e scoperto che la superficie era 100% sterrato o quasi. In aggiunta, le pozzanghere figlie delle piogge dei giorni precedenti, una posizione in partenza per nulla favorevole (40 secondi tra lo sparo e il mio passaggio sulla linea di partenza) e la confluenza sul percorso, a un certo punto, del gruppone dei partecipanti alla 10 chilometri. Roba che per attraversare una cancellata è stato necessario camminare. I presupposti non c'erano già prima della partenza, quindi, e i primi due chilometri me ne hanno dato la conferma (media 4'27"/Km). Ma cosa avrei dovuto fare? Appena ve n'è stata la possibilità, intorno al terzo chilometro cioè, ho preso a correre come mi sentivo. Fregandomene della salita pressoché costante, anche se decisamente abbordabile. Almeno fino a quel momento. Guardavo il Garmin ogni volta che faceva tri tri e la rilevazione, chilometro per chilometro, era sempre sotto i 4'10". Arrivati al decimo ho deciso di far di conto: 42'30" per i primi dieci vuol dire che se ci metto altrettanto per i restanti undici fa 1h29' circa. La discesa della seconda parte della gara dovrebbe aiutarmi.
Minchia, ce la posso fare.
Minchia, ce la faccio.
Un passaggio particolarmente ostico (tra i Km 10 e 11 la media/Km, da 4'05" quale era, è salita a 4'34") non mi scoraggia, so di avere un po' di margine. E poi la discesa.

Intorno al Km 12 mi affianca Alessandro e corriamo insieme i successivi 6 Km chiacchierandocela allegramente come se non ci fossero da risparmiare fiato ed energie mentali per quella che, anche per lui, si presentava come una giornata da ricordare. Al Km 18 Alessandro sale di ritmo, ma non gli sto dietro. Non ci provo neanche. Di più non avrei potuto fare e di più non aveva alcun significato, per me. Quel passo mi avrebbe permesso di arrivare comodamente sotto l'ora e trenta e, in effetti, passo sul tappeto all'ingresso della Reggia dopo 1h28'44". Potrei fermarmi e gioire per aver raggiunto un obiettivo davvero insperato fino a prima di prenderne consapevolezza, la domenica precedente, dopo aver corso 10 Km a 4'01"/Km, e sapendo di averne ben oltre i 10 Km, ma.
Ma l'avevo già scritto qui, sapevo che il percorso era leggermente più corto dei 21097 metri effettivi della distanza. Almeno, così era il percorso dell'anno precedente. Così è stato anche quest'anno. Volevo vedere quel tempo nel riepilogo delle distanze di Garmin Connect alla voce Mezza Maratona, non mi accontentavo di sapere che quei 300 metri in meno non avrebbero minimamente cambiato la sostanza. Anzi, a fare la tara di un percorso affatto pianeggiante e con superficie sfavorevole, quell'1h30' vale almeno 2 minuti meno. Garantito e confermato da più d'uno.

Be', taglio il traguardo guardando davanti a me, nella speranza di avere spazio a sufficienza per quei 300 metri. Inizialmente mi trovo di fronte un muro di già arrivati (una sessantina della 21 Km e le migliaia della 10 Km), mi faccio spazio cercando di non dare ascolto a chi mi si rivolgeva come ci si rivolge a un disagiato che non ha capito che la gara è finita e prendo a girare intorno alla fontana circolare posta davanti ai ristori. Fontana che zampilla a ritmo di musica. Ci giro intorno per non so quante volte, fino a che il dispositivo GPS non mi dice di aver percorso 21100 metri. Lo spengo, dice 1h30'02". Quei 2 secondi, ovviamente, non hanno nessun significato: ce l'ho fatta.
Minchia, ce l'ho fatta.


P.S. Moira mi dice di scendere, che è dal parrucchiere sotto il mio ufficio. Mi racconta della sua Lago Maggiore Marathon (30 Km) di ieri chiusa con un tempo che non ricordo, ma ottimo e del quale è entusiasta. Nonostante un dito rotto. Io le racconto di quello che hai appena letto e allora, se davvero hai le gambe che vanno così, allora vieni con me alla Mezza di Busto Arsizio, fra 3 settimane. E' piatta piatta, fai il tempo. Dai, vieni!  [CONTINUA] (ma guarda a destra nel box degli appuntamenti)

Road to Valencia: part 2

Ovvero scoprire quanto è bello allenarsi! Ovvero essere agitato come se stessi per partire per una gara olimpica! Ovvero mancano solo 5 giorni ai 21km di Valencia!

Dal 2 maggio 2015, giorno dell’iscrizione alla Medio Maraton de Valencia, è scattata la fase di preparazione, con una motivazione che non avevo mai avuto prima in nessuna attività sportiva! E in questo periodo ho potuto veramente scoprire tutti gli aspetti meravigliosi di questo sport. Correre con il sole a picco o con la pioggia, essere al mare e correre all’alba lungo la spiaggia deserta, incontrare lungo la tua solitudine mattutina un altro #albarunner  che ti si affianca e ti chiede se può correre con te perché è nuovo del posto e vuole capire da te quale è un buon percorso da fare (fa nulla se poi ti fa tenere un passo al di sopra delle umane possibilità ma tu vuoi a tutti costi fargli da guida e continui rischiando l’infarto!!), creare nuovi legami con vecchi amici che sei riuscito a coinvolgere nelle tue corse e con i quali ora hai anche questa malattia che si chiama corsa di cui parlare e tempi  da confrontare!
Insomma, per farla breve, il percorso che mi sta portando alla partenza del 18 ottobre è stato ricco e intenso che quasi già sarebbe appagante così… ma il brivido lungo la schiena che mi prende anche ora che scrivo ad immaginarmi il traguardo sull’acqua di Valencia mi rende impaziente di partire!
Certo, le ansie più disparate si manifestano a ondate: farà caldo? Pioverà? Ci saranno i pacers? Forse è meglio cambiare le scarpe? Il pacco gara dove va ritirato? Per fortuna sarà con me l’amico Massi, che dice di non essere allenato, non si è informato su nulla (giustificato ;) ) ma che ha promesso che la faremo tutta insieme!
Pettorale n. 5883
Obbiettivo dichiarato: 2 h. (Massi non ci possiamo tirare indietro ora)
Seguono aggiornamenti… buona corsa a tutti!

Deejay Ten 2015 - La festa è qui

Il colpo era dichiarato a 41'59": scommessa ignorante ma neanche troppo, visto che da limare c'erano soltanto 31 secondi rispetto al mio miglior 10000. E' finita che il traguardo l'ho tagliato a 40'15" e, non soddisfatto, ho continuato per altri 50 metri, ché Mino diceva 9950 e senza i 10000 tondi non ci sarebbe stata la certificazione su Garmin Connect del nuovo limite sulla distanza. Roba da TSO, lo so, altro che il Nirvana del podista Zen. E pensa che domenica, se le gambe vanno allo stesso modo, mi toccherà rifarlo (clic)(lasciatelo dire, sarei ben contento di trovarmi obbligato)...
Poi, già che ci sono, aggiungo che ordinando dal più piccolo al più grande i tempi dei 18088 partecipanti alla 10 Km, alla riga 95 ci sono io (sotto mentite spoglie). A dimostrazione di un livello che, con la cancellazione della gara agonistica, è sceso in maniera sostanziale, anche se, immagino, tutto questo non interessi nemmeno uno degli oltre 25000 iscritti. Ma così è. Così come è innegabile il merito di chi ha organizzato in maniera impeccabile la manifestazione e coinvolto così tante persone in una festa la cui unica differenza rispetto alle feste a cui siamo abituati è che alla Deejay Ten si corre invece che ballare. I sorrisi sono gli stessi e le tonnellate di foto presenti su podisti.net o andòcorri lo testimoniano.

La gara (la corsa, la festa: chiamala come preferisci): arrivo con 45 minuti d'anticipo sulla linea di partenza, a pochi metri da me, dopo poco, appare un palloncino nero con su stampato un 40 che mi tenta parecchio. Non sono mica convinto di seguirlo, mi dico e dico al tizio con cui chiacchieravo nell'attesa dello sparo, ma non lo escludo a priori. Vediamo come va la partenza. Il primo chilometro va fin troppo bene (4'15") rispetto al 4'52" dell'anno scorso, i successivi cinque sono sotto i 4 minuti al Km o poco più. Il palloncino è sempre a uno sputo e le gambe vanno che è una bellezza.
Tra il Km 7 e il Km 8 sparisce il palloncino (secondo me s'è bucato, ma lo realizzo solo all'arrivo) e, contemporaneamente, m'accorgo che i tempi salgono leggermente. Penso di aver finito la benzina, ma mi sbaglio, perché nei successivi due, gli ultimi, torno stabilmente sotto i 4'/Km. Al traguardo me ne fotto di quello che può pensare la gente che mi vede continuare a correre per qualche altra decina di metri, spengo il GPS e tutto il resto lo puoi immaginare.

Nota a margine: la storia delle canzoni che ti fan tornare in mente delle cose la sai. E sai anche che le canzoni non è che sei sempre tu a sceglierle, le canzoni càpitano e tu devi prenderle così come sono. Magari ti va bene e ti càpitano, che ne so, gli U2. Magari ti va male e ti becchi i Gemelli Diversi.
A me, come agli altri 25000 mila d'altronde, sono usciti i Duran Duran (suonati per 10 Km lungo tutto il percorso). Poteva andare peggio.
Ohohohohoh


Deejay Ten 2015, il mio nome è Massi

Tanto ha fatto, Massi, che alla fine sarà DJ10 pure quest'anno. Peccato che sarò solo, ché lui, che si è iscritto anzitempo dimenticando di un impegno di quelli che non puoi dire di no, lui non ci sarà. Sarò quindi io a correre col suo pettorale, che, con quello che è costato, non è il caso che rimanga a morire inutilizzato dentro la busta di carta con su la faccia di Linus. E gli altri, gli altri Podisti Anonimi, tutti alle prese con infortuni, unghie incarnite, programmi inderogabili o non ci sono, vado in montagna, questo weekend.
Il Nirvana è fissato almeno un secondo sotto i 42 minuti.

Festa in Piassa

La cosa bella quando ti prende la scimmia della corsa è che ovunque tu sia c’è sempre qualcuno disposto ad assecondarla, ad alimentarla la tua scimmia.
Che poi, nell’era della rete è anche tutto più semplice. Quindi: domenica 23 sono in vacanza nei pressi di Pordenone, la mia tabella per Valencia prevede un “lungo” (ok ok il lungo è un’altra cosa, ma esistono le proporzioni no?) di 12 km, cosa faccio? Semplice: podisti.net→calendario→cerca per regione→friuli→cerca per data→23 agosto… e… miracolo!!! Domenica 23 agosto, a Villanova di Pordenone  “Marcia Festa in Piassa del Donatore” percorsi di 6,12 e 21 km! Fatto su misura per me! 
Domenica mattina, di buon’ora parto, raggiungo comodamente l’area feste di Villanova, faccio la mia iscrizione:
Gruppo di appartenenza?
“Podisti anonimi”
Come?
”No beh, quello istituzionale sarebbe l’Ortica team”
Come?
”Si beh è un gruppo di Milano?”
Di Milano? E sei venuto fin qui da Milano?
“Non esattamente, sono qui in vacanza”
Ah ecco, mettiamo corridore individuale
“Mi sembra perfetto, del resto corro da solo…”
Che poi… da solo… mica vero! Chè, come sempre, i podisti anonimi sono già stati avvisati giorni prima, mi hanno sostenuto e incoraggiato, quindi corro da solo ma col sostegno degli amici!
Partenza ore 8:30, sono le 8:10, mi scaldo, mi stretcho (???) e faccio due chiacchiere con una coppia (marito e moglie?) del gruppo “Azzano runners”: stessa divisa Asics e stessi colori dell’Ortica Team, mi sento quasi a casa!
8:30 precise, si parte! I due partono, io armeggio con runkeeper e mi accodo… Qualche centinaio di metri e li supero di slancio alla prima discesa, altri due o trecento metri e mi hanno già ripreso. Il marito (Silvano) fa un commento sui miei tatuaggi e da lì parte la chiacchierata.
Silvano ha gamba e stile, Maria (la moglie) non è da meno. E così, passo dopo passo, metro dopo metro scopro che Silvano è un maratoneta con gli attributi (anche New York e Chicago, così tanto per gradire…), Maria si è accostata alla corsa per amore (di Silvano più che della corsa), ma in pochi anni ha già ultimato maratone e fatto record personali che io nemmeno mi sogno, il tutto, ovviamente, nella categoria over 60! “Over 60? Maria non ci credo, ne hai almeno 10 di meno!!!”. Potere della corsa!
Si va, superiamo un po’ di corridori e per ognuno di loro Silvano ha un saluto e un incitamento, li conosce tutti!!! Scoprirò presto il perché: Silvano è il presidente della società e la Maria è “la grande donna che sta dietro al grande uomo”. Ed ecco perché mi ci sono affezionato dal primo metro fatto insieme! Perché sono come Gianfranco e la Roberta dell’Ortica! Stessa passione, stesso entusiasmo, stessa capacità di coinvolgere, stesso amore a prima vista che ho provato per loro!
E’ incredibile come a distanza di centinaia di chilometri si ripetano le stesse dinamiche, si trovino le stesse passioni, le stesse belle persone.
E’ il bello della corsa, è il motivo per cui se inizi poi non smetti! E’ il motivo per cui i miei post stanno assumendo un tono sempre più sentimental lacrimoso.
Ah, per la cronaca: con Silvano e Maria ci lasciamo attorno al settimo chilometro: loro ovviamente prendono il bivio per la 21 km, io ho il mio "lungo" da 12, che a voler essere precisi diventa di 13 ancora prima dell’arrivo… non ho ancora capito se ho perso qualche indicazione lungo il percorso o se la Gabry sta perdendo colpi...

Non sono riuscito a salutare Silvano e Maria all’arrivo, questo post è il mio saluto e il mio arrivederci all’anno prossimo a questa bella coppia di corridori!

28eme Corrida Pédestre de Valbonne

Non bisogna certo essere un campione di perspicacia per immaginare che il percorso di una corsa nel dipartimento delle Alpi Marittime francesi sia un su e giù di quelli che spaccano le gambe di chi, come me, è abituato a correre nel piattume grigio (con solo alcune sfumature di verde) e monotono (e basta) che è il sud-est di Milano.

Immaginazione più fervida servirebbe invece per prevedere che oltre alla totale assenza di piano vi sia anche una scalinata che appena la vedi ti dici minchia e finita la quale la strada continua a salire. E mentre continui a salire e a ripetere minchia, sei già sfiancato che il primo chilometro non è ancora ultimato e pensi al fatto che quel tratto lo dovrai rifare altre due volte. Minchia al cubo.

Aggiungici la pioggia, il pavé bagnato in discesa e un traguardo un peu bizarre, subito dopo il quale sono state poco intelligentemente posizionate delle transenne contro le quali ti vai a schiantare se ti tocca pure sprintare (come m'è capitato).

Ma bello, molto. Bello il borgo medievale e fantastica la cornice di pubblico ad applaudirti ed incoraggiarti lungo tutto il percorso. Ottima organizzazione e millemila fotografi, tra cui Monica e Astrid. Misterioso solo il motivo per cui agli annunciati 8 Km mancassero oltre 800 metri, ma non stiamo troppo a sottilizzare.

Quanto a me, dopo l'idiozia fatta qualche giorno prima con le Five Fingers che m'ha fatto temere di non poter partecipare, le gambe hanno funzionato. M'hanno sorpreso, in vero, per il buon ritmo in salita, mentre nulla hanno potuto fare per la mia (troppa) paura a correre a bomba quando l'inclinazione è favorevole, retaggio di infortuni che vorrei evitare al primo (o forse ultimo?) appuntamento della stagione sportiva.

C'è pure un video. Il resto è qui.

Road to Valencia: part 1

La strada che porta alla Mezza Maratona di Valencia, nello specifico!
Sarà la mia prima mezza.

Un percorso che è iniziato circa un anno fa’.
Ma qui ci vuole un bel flash-back, in stile cinematografico!

Devo confessarlo, se allora  mi avessero prospettato la cosa, mi sarei fatto una grande risata. Poi un giorno (13 agosto 2014) Tiziana mi gira un link ad un post su di un blog di podismo del suo amico Massi: click. Certe cose accadono come per magia, non si sa perché, lo leggo e da quel momento qualcosa nella mia testa fa clic.
Ho iniziato a correre, Runtastic è diventato un grande amico e Massi anche. Benedetto sia il creatore dei Podisti Anonimi!


Dicono che una volta che inizi a correre, diventi dipendente dallo stato di benessere che ne hai: è vero! Per me vale tanto anche pormi degli obbiettivi e cercare di migliorare. Il mio primo obbiettivo è fare la mia prima 10km: la Deejay Ten il 5 di ottobre fa’ proprio al caso mio. Una volta capito che ce la faccio diventa tutto ancora più divertente: il buon Massi mi invita alla mia prima tapasciata, Stradesio. Qui apprezzo per la prima volta il piacere della corsa e del dopo corsa in compagnia, insieme ad Andrea e Massi (click).
Le corse successive saranno Stramilano, staffetta alla Milano Marathon, Milanino sotto le Stelle, fino alla recente 10Km del Parco Nord con il gruppo dei Podisti Anonimi. (Andrea, grazie della maglietta, pegno pagato con piacere)

Un crescendo di soddisfazione.


Qui dovremmo tornare a parlare di Valencia, ma ci vuole un altro flash-back, prima.
Il 2 maggio sembra un sabato come tanti, mi sveglio presto, ho già tutto pronto in cucina per non svegliare la famiglia, maglietta, pantaloncini, scarpe e il Tomtom. Parto. Ho deciso che farò un giro un po’ più lungo del solito, cambio dal solito percorso intorno al Parco Nord. Decido di non controllare il tempo e la distanza. La temperatura è perfetta, io mi sento veramente bene, corro felice. Non sento la stanchezza, che bello. Ormai mi rendo conto anche senza orologio di quanta strada posso aver fatto, so di aver corso più del solito, non resisto: 13,5km! Mica male! Ma sto proprio bene, vado avanti. Mi lascio il ponte del Parco Nord alle spalle, 17km. A questo punto l’idea dei mitici 21Km si fa strada nella mia testa. Ma sì, ce la posso fare. Mi inoltro a Milanino per cercare qualche altro Km. Il 18° è duro ma una volta superato questo momento mi involo verso casa con la leggerezza che solo l’adrenalina di aver raggiunto un risultato un tempo solo sognato ti può dare. Alla fine saranno 2:22:46 a 6:47 min/km per 21.03km!!

Valencia nasce qui e da un WhatsApp di Massi il 2 maggio 2015, ma questa storia la vedremo un’altra volta.
Il 18 ottobre 2015 saremo sulla linea della partenza.
Seguono aggiornamenti… buona corsa a tutti!

PS: Massi dice che la farò sotto le 2 ore... ti voglio credere amico!!

3a 10 Km del Parco Nord

Nel dichiarare il colpo, consuetudine ignorante tra le più divertenti del pre-gara, avevo detto 4'15"/Km, ossia 42'30". Ho finito a 42'33", quindi bene. Molto, anche se pensavo avrei fatto meno fatica. Specie nel finale.

Il circoletto rosso (cit.) della giornata lo traccio intorno al Km 7,5: il sorpasso di un SM65 (che in italiano sta per podista di età compresa tra i 65 e i 70). Sorpasso inteso come lui che sorpassa me. E tanti saluti.

Da ricordare anche l'esordio di Nevio, che se ieri s'è subito fiondato da Koala Sport a comprare le scarpe nuove, evidentemente ha già deciso di dare un seguito a questa sua prima tapasciata.
In autunno mi svernicia facile, il ragazzo.

Infine, la cosa buffa del cronometraggio ufficiale: metti il chip sulla scarpa, sì, ma tra me, Nevio, Massi, Roby e Filippo, non un tempo, nemmeno uno, è corretto. Nemmeno quello dell' amica e Matta in fuga jessicadotnet, tanto per dire che non è che ce l'avessero con noi quelli di Mysdam.
Per chi non sa e va a guardarsi la classifica, be', io, per certi versi, per loro di certo, io i cronometristi ufficiali dovrei pure ringraziarli: ché un nono posto in classifica è da sticazzi con il cancelletto davanti. Ma chissà se è vero. Di sicuro, molto falso è il 37:31 che mi attribuiscono.

Prossimo appuntamento: sabato, Magnolia Run. Sulla sparata da 6 Km, un paio di settimane fa, ho fatto 4:08. Mi accontenterei di fare altrettanto: il limite è quello, sento di non poter fare meglio. Anzi, per quanto poco sto correndo da quando ho ripreso, il risultato è addirittura sorprendente.