Pagine

30a Maratona di Firenze - Col muso contro il Muro

Partenza
(parto da qui perché tutto quello che è successo prima non è granché interessante. Le foto, a parte l'ultima, sono decontestualizzate dalla narrazione.)

I primi cedimenti arrivano con sorprendente puntualità all'altezza del Muro, nei pressi del Km 30: tolgo il pilota automatico, inizio a correre con la testa. Guido ogni passo, sento ogni appoggio. Per circa 6 Km ho energie mentali a sufficienza per spronarmi, per dirmi che è ancora possibile.


Al cartello col 36, guardo il cronometro e capisco che 20 secondi di vantaggio rispetto alla tabella di marcia non possono essere sufficienti. La voce di Davide Autelitano inizia a sussurrarmi che va tutto bene va tutto bene, segno che devo cominciare ad abituarmi alla fine (la canzone è qui ma ascoltala dopo ché altrimenti perdi il filo).
Alzo gli occhi, mi obbligo a farlo per distogliermi dalla mia sofferenza, ma vedo gente che cammina in modo del tutto innaturale. Podisti sdraiati per terra a implorare l'aiuto di chi sta dall'altra parte della transenna. Uomini che piangono. Capisco di essere entrato in un territorio che immaginavo sì duro, ma non fino a questo punto. Il pubblico legge il mio nome sul pettorale e mi esorta a non mollare, faccio il possibile per non fermarmi.

Km 19
Mi rassegno, cammino per qualche decina di metri. M'illudo che possa essermi utile per riprendere le forze. Barcollo. Riprendo a correre, mosso esclusivamente dall'orgoglio. Capisco presto, però, che quello è solo un modo per prendermi in giro, perché quello non è correre. Quello non è più correre. Correre è altro. Sono ormai oltre i 7 minuti per chilometro. Neanche quando correvo con le scarpe del Decathlon andavo così piano. Negli ultimi 2 Km vengo superato da 800 esseri umani di ogni sesso forma colore e nazionalità. Mi sento umiliato. Mi sento additato come l'Etereo Figuro di turno e mi sento di meritarlo (dell'Etereo figuro si parla anche qui e qui).

Arrivo
Al cartello col 42, il senso della decenza mi spinge a fingere di correre gli ultimi 200 metri. Vedo i podisti davanti a me tagliare il traguardo con le braccia al cielo, gli occhi mi si riempiono di lacrime. Mi commuovo per loro, non per me: perché io, le braccia al cielo, non le alzo. So di non avere nulla da festeggiare. Taglio il traguardo e d'istinto cerco un posto non troppo in vista dove riprendere contatto con la realtà: mi sento un animale spaventato che ha bisogno di un luogo protetto. Una tana in cui tremare senza la paura di poter essere attaccato. Noto un gazebo dell'organizzazione e un piccolo corridoio delimitato da una transenna. Mi c'infilo, mi siedo, mi stringo la testa tra le gambe. Tranquillo, Lofa, è finita. E' tutto finito. Alzo gli occhi, non so dire dopo quanto, e mi trovo di fianco un uomo appoggiato alla stessa transenna. Ci guardiamo senza il bisogno di dire nulla. E' tutto chiaro. Tutto molto chiaro. Mi alzo, abbozziamo due parole con poco senso.
A prescindere da come possa essere andata, ora è finita.

Sono partito con un obiettivo: chiuderla in 3 ore 30 minuti. Pensavo fosse nelle mie corde. Il real time, al traguardo, ha detto 3 ore e 45. 15 minuti in più di quello che speravo.
L'appuntamento col Muro, se continuerò a essere testardo come so di essere e nonostante le parole del Coach, che sono certo non me ne vorrà perché sa come sono fatto e da persona intelligente non ha la pretesa di cambiarmi, è per la Maratona di Milano, il 6 Aprile 2014. Quel giorno partirò con una consapevolezza diversa. Con gambe più abituate al Far West degli ultimi 12 Km. Con un'alimentazione più adatta allo sforzo che mi sarà richiesto. E, se effettivamente sarà così, forse, ce la farò: di errori ne ho fatti tanti, in questi mesi, ma penso di meritarmelo. E la soddisfazione di vedermi davvero felice la meritano pure i famigliari e gli amici che mi sono stati molto vicini in questi mesi. E di cui non elenco i nomi perché non sono Maria De Filippi e questo blog non è C'è posta per te. Loro già sanno.

(continua)



Foto e video: Monica Cappato

4 commenti:

  1. Grande Lofa, grande! Anzi: daicazzo Lofa, daicazzo Lofa! Prima di leggere il post avevo una voglia matta di mettermi le scarpe e andare a correre, poi leggendo dei 7 al chilometro m'è passata completamente e pensavo "io una maratona non la farò mai", poi nel vedere il video la voglia m'è tornata. Cheers!

    p.s. evito i complimenti alla colonna sonora, troppo scontati, che te lo dico a fare.

    RispondiElimina
  2. Se t'è passata la voglia leggendo questo post, col prossimo, in cui aggiungerò i video ripresi dalle telecamere fisse sparse sul percorso, dopo aver visto il montaggio di quel video potresti definitivamente dirti che no, non ci provo neanche. Ma sbaglieresti: la Maratona è un'esperienza davvero fantastica e merita di essere vissuta. Con un sorriso costantemente stampato sul viso, però.
    L'errore, e molto grave, che ho fatto io, è stato di caricarla di troppe aspettative: cercavo un tempo che, mosso dall'entusiasmo, pensavo possibile. Ma non lo era.
    Se almeno la prima avrà come obiettivo l'arrivo, vedrai, alzerai le braccia al cielo come tutti gli altri podisti che mi hanno preceduto oppure seguito.
    Diciamo che l'ho presa un po' male ma che, a posteriori, a freddo cioè, ne ho riso parecchio. Perché non potevo non ridere nel vedere la faccia che avevo nel tagliare il traguardo, ad esempio.

    RispondiElimina
  3. Avevo letto tutto questo solo il 31 dic, chiedo venia...
    ma guarda caso, determinate sensazioni sono arrivate nel momento giusto. Oggi, non avrei corso i 30km
    La corsa l'ho sempre interpretata, come lo specchio della mia quotidianità (attualmente più che convulsa e impegnativa), ma ovviamente andando a cercare di raggiungere determinati obiettivi, qualcosa si rompe, s'incastra, perché la modalità é totalmente sbagliata. Come se improvvisamente un mattoncino di un immenso DOMINO, decide di non cascare e tutto si ferma.
    Ecco io a metà dicembre 2013, ero arrivata qui.
    E non c'é coach che tenga, perché se non vuoi ascoltare...
    Leggendo i post in questo blog, parlando con runners (quelli grezzi intendo!), ho capito che la mia modalità, quella giusta, è di AGGIUSTARE la mia modalità di vita, alla corsa (che amo), fosse anche solo per il tempo dell'allenamento.
    Solo così, ho imparato a godere di ogni singolo allenamento!
    ...Ripetute comprese!!!

    RispondiElimina
  4. Molto d'accordo, BA: trovare tempo per il piacere, in una quotidiano costruito e misurato sui doveri, penso sia il modo migliore per volersi del bene. E le ripetute, specchio del sacrificio di chi prende seriamente la corsa, ne sono la dimostrazione: perché sono convinto che la corsa ti restituisca quello che le dai.

    RispondiElimina